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D.Lgs. del 19/09/94 n.626
Attuazione delle direttive 89/391 CEE,
89/654 CEE, 89/655 CEE, 89/656 CEE, 90/269 CEE, 90/270 CEE, 90/394 CEE, 90/679
CEE, riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori
sul luogo di lavoro
|
Visti gli
articoli 76 e 87 della Costituzione;
Vista la legge
19 febbraio 1992, n. 142, ed in particolare l'art. 43, recante, delega al
Governo per l'attuazione delle direttive del Consiglio 89/391/CEE, 89/654/CEE,
89/655/CEE, 89/656/CEE, 90/269/CEE, 90/270/CEE, 90/394/CEE e 90/679/CEE in
materia di sicurezza e salute dei lavoratori durante il lavoro;
Vista la legge
22 febbraio 1994, n. 146, recante proroga del termine della delega legislativa
contemplata dall'art. 43 della citata legge n. 142 del 1992, nonché delega al
Governo per l'attuazione delle direttive particolari già adottate, ai sensi
dell'art. 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE, successivamente alla
medesima legge 19 febbraio 1992, n.142;
Vista la
preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione
del 7 luglio 1994;
acquisiti i
pareri delle competenti Commissioni permanenti della Camera dei deputati e del
Senato della Repubblica;
Vista la
deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 16
settembre 1994;
sulla proposta
del Ministro per il coordinamento delle politiche dell'Unione europea, di
concerto con i Ministri degli affari esteri, di grazia e giustizia, del tesoro,
del lavoro e della previdenza sociale, della sanità, dell'industria, del
commercio e dell'artigianato, dell'interno e per la funzione pubblica e gli
affari regionali;
Emana il seguente decreto legislativo:
TITOLO I
CAPO I
DISPOSIZIONI GENERALI
Art. 1
Campo di applicazione
1. Il presente
decreto legislativo prescrive misure per la tutela della salute e per la
sicurezza dei lavoratori durante il lavoro, in tutti i settori di attività
privati o pubblici.
2. Nei riguardi
delle Forze armate e di Polizia, dei servizi di protezione civile, nonché
nell'ambito delle strutture giudiziarie, penitenziarie, di quelle destinate per
finalità istituzionali alle attività degli organi con compiti in materia di
ordine e sicurezza pubblica, delle università, degli istituti di istruzione
universitaria, degli istituti di istruzione ed educazione di ogni ordine e
grado, degli archivi, delle biblioteche, dei musei e delle aree archeologiche di
Stato, delle rappresentanze diplomatiche e consolari, e dei mezzi di trasporto
aerei e marittimi, le norme del presente sono applicate tenendo conto delle
particolari esigenze connesse al servizio espletato, individuate con decreto del
Ministro competente di concerto con i Ministri del lavoro e della previdenza
sociale, della sanità e della funzione pubblica (*) (***).
3. Nei riguardi
dei lavoratori di cui alla legge 18 dicembre 1973 n. 877, nonché dei lavoratori
con rapporto contrattuale privato di portierato, le norme del presente decreto
si applicano nei casi espressamente previsti.
4. Le
disposizioni di cui al presente decreto si applicano nelle regioni a statuto
speciale e nelle province autonome di Trento e Bolzano compatibilmente con i
rispettivi statuti e relative norme di attuazione.
4-bis. Il
datore di lavoro che esercita le attività di cui ai commi 1, 2, 3 e 4 e,
nell'ambito delle rispettive attribuzioni e competenze, i dirigenti e i preposti
che dirigono o sovraintendono le stesse attività, sono tenuti all'osservanza
delle disposizioni del presente decreto (**).
4-ter.
Nell'ambito degli adempimenti previsti dal presente decreto, il datore di lavoro
non può delegare quelli previsti dall'articolo 4, commi 1, 2, 4, lettera a) e
11 primo periodo (**).
Art. 2
Definizioni (*)
1. Agli effetti
delle disposizioni di cui al presente decreto si intendono per:
a) lavoratore:
persona che presta il proprio lavoro alle dipendenze di un datore di lavoro,
esclusi gli addetti ai servizi domestici e familiari, con rapporto di lavoro
subordinato anche speciale. Sono equiparati i soci lavoratori di cooperative o
di società, anche di fatto, che prestino la loro attività per conto delle
società e degli enti stessi, e gli utenti dei servizi di orientamento o di
formazione scolastica, universitaria e professionale avviati presso datori di
lavoro per agevolare o per perfezionare le loro scelte professionali. Sono
altresì equiparati gli allievi degli istituti di istruzione ed universitari e
partecipanti a corsi di formazione professionale nei quali si faccia uso di
laboratori, macchine, apparecchi ed attrezzature di lavoro in genere, agenti
chimici, fisici e biologici. I soggetti di cui al precedente periodo non vengono
computati ai fini della determinazione del numero di lavoratori dal quale il
presente decreto fa discendere particolari obblighi;
b) datore di
lavoro: il soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o,
comunque, il soggetto che, secondo il tipo e l'organizzazione dell'impresa, ha
la responsabilità dell'impresa stessa ovvero dell'unità produttiva, quale
definita ai sensi della lettera i), in quanto titolare dei poteri decisionali e
di spesa. Nelle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del
decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, per datore di lavoro si intende il
dirigente al quale spettano i poteri di gestione, ovvero il funzionario non
avente qualifica dirigenziale, nei soli casi in cui quest'ultimo sia preposto ad
un ufficio avente autonomia gestionale;
c) servizio di
prevenzione e protezione dai rischi: insieme delle persone, sistemi e mezzi
esterni o interni all'azienda finalizzati all'attività di prevenzione e
protezione dai rischi professionali nell'azienda, ovvero unità produttiva;
d) medico
competente: medico in possesso di uno dei seguenti titoli:
1)
specializzazione in medicina del lavoro o in medicina preventiva dei lavoratori
e psicotecnica o in tossicologia industriale o in igiene industriale o in
fisiologia ed igiene del lavoro o in clinica del lavoro ed altre
specializzazioni individuate, ove necessario, con decreto del Ministro della
sanità di concerto con il Ministro dell'università e della ricerca scientifica
e tecnologica;
2) docenza o
libera docenza in medicina del lavoro o in medicina preventiva dei lavoratori e
psicotecnica o in tossicologia industriale o in igiene industriale o in
fisiologia ed igiene del lavoro;
3)
autorizzazione di cui all'articolo 55 del decreto legislativo 15 agosto 1991,
n.277;
e) responsabile
del servizio di prevenzione e protezione: persona designata dal datore di lavoro
in possesso di attitudini e capacità adeguate;
f)
rappresentante dei lavoratori per la sicurezza: persona, ovvero persone, eletta
o designata per rappresentare i lavoratori per quanto concerne gli aspetti della
salute e della sicurezza durante il lavoro, di seguito denominato rappresentante
per la sicurezza;
g) prevenzione:
il complesso delle disposizioni o misure adottate o previste in tutte le fasi
dell'attività lavorativa per evitare o diminuire rischi professionali nel
rispetto della salute della popolazione e dell'integrità dell'ambiente esterno;
h) agente:
l'agente chimico, fisico o biologico, presente durante il lavoro e
potenzialmente dannoso per la salute;
i) unità
produttiva: stabilimento o struttura finalizzata alla produzione di beni o
servizi, dotata di autonomia finanziaria e tecnico-funzionale.
Art. 3
Misure generali di tutela
1. Le misure
generali per la protezione della salute e per la sicurezza dei lavoratori sono:
a) valutazione
dei rischi per la salute e la sicurezza;
b) eliminazione
dei rischi in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico
e, ove ciò non è possibile, loro riduzione al minimo;
c) riduzione
dei rischi alla fonte;
d)
programmazione della prevenzione mirando a un complesso che integra in modo
coerente nella prevenzione le condizioni tecniche produttive e organizzative
dell'azienda nonché l'influenza dei fattori dell'ambiente di lavoro;
e) sostituzione
di ciò che è pericoloso con ciò che non lo è, o è meno pericoloso;
f) rispetto dei
principi ergonomici nella concezione dei posti di lavoro, nella scelta delle
attrezzature e nella definizione dei metodi di lavoro e produzione, anche per
attenuare il lavoro monotono e quello ripetitivo;
g) priorità
delle misure di protezione collettiva rispetto alle misure di protezione
individuale;
h) limitazione
al minimo del numero dei lavoratori che sono, o che possono essere, esposti al
rischio;
i) utilizzo
limitato degli agenti chimici, fisici o biologici, sui luoghi di lavoro;
l) controllo
sanitario dei lavoratori in funzione dei rischi specifici;
m)
allontanamento del lavoratore dall'esposizione a rischio, per motivi sanitari
inerenti la sua persona;
n) misure
igieniche;
o) misure di
protezione collettiva e individuale;
p) misure di
emergenza da attuare in caso di pronto soccorso, di lotta antincendio, di
evacuazione dei lavoratori e di pericolo grave e immediato;
q) uso di
segnali di avvertimento e di sicurezza;
r) regolare
manutenzione di ambienti, attrezzature, macchine e impianti, con particolare
riguardo ai dispositivi di sicurezza in conformità alla indicazione dei
fabbricanti;
s)
informazione, formazione, consultazione e partecipazione dei lavoratori ovvero
dei loro rappresentanti, sulle questioni riguardanti la sicurezza e la salute
sul luogo di lavoro;
t) istruzioni
adeguate ai lavoratori.
2. Le misure
relative alla sicurezza, all'igiene e alla salute durante il lavoro non devono
in nessun caso comportare oneri finanziari per i lavoratori.
Art. 4
Obblighi del datore di lavoro, del dirigente e del preposto
(*)
1. Il datore di
lavoro, in relazione alla natura dell'attività dell'azienda ovvero dell'unità
produttiva, valuta, nella scelta delle attrezzature di lavoro e delle sostanze o
dei preparati chimici impiegati, nonché nella sistemazione dei luoghi di
lavoro, i rischi per la sicurezza e per la salute dei lavoratori, ivi compresi
quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari.
2. All'esito
della valutazione di cui al comma 1, il datore di lavoro elabora un documento
contenente:
a) una
relazione sulla valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute durante il
lavoro, nella quale sono specificati i criteri adottati per la valutazione
stessa;
b)
l'individuazione delle misure di prevenzione e di protezione e dei dispositivi
di protezione individuale, conseguente alla valutazione di cui alla lettera a);
c) il programma
delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei
livelli di sicurezza.
3. Il documento
è custodito presso l'azienda ovvero l'unità produttiva.
4. Il datore di
lavoro:
a) designa il
responsabile del servizio di prevenzione e protezione interno o esterno
all'azienda secondo le regole di cui all'articolo 8;
b) designa gli
addetti al servizio di prevenzione e protezione interno o esterno all'azienda
secondo le regole di cui all'articolo 8;
c) nomina, nei
casi previsti dall'articolo 16, il medico competente.
5. Il datore di
lavoro adotta le misure necessarie per la sicurezza e la salute dei lavoratori,
e in particolare:
a) designa
preventivamente i lavoratori incaricati dell'attuazione delle misure di
prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei lavoratori in caso
di pericolo grave e immediato, di salvataggio, di pronto soccorso e, comunque,
di gestione dell'emergenza;
b) aggiorna le
misure di prevenzione in relazione ai mutamenti organizzativi e produttivi che
hanno rilevanza ai fini della salute e della sicurezza del lavoro, ovvero in
relazione al grado di evoluzione della tecnica della prevenzione e della
protezione;
c)
nell'affidare i compiti ai lavoratori tiene conto delle capacità e delle
condizioni degli stessi in rapporto alla loro salute e alla sicurezza;
d) fornisce ai
lavoratori i necessari e idonei dispositivi di protezione individuale, sentito
il responsabile del servizio di prevenzione e protezione;
e) prende le
misure appropriate affinché soltanto i lavoratori che hanno ricevuto adeguate
istruzioni accedano alle zone che li espongono ad un rischio grave e specifico;
f) richiede
l'osservanza da parte dei singoli lavoratori delle norme vigenti, nonché delle
disposizioni aziendali in materia di sicurezza e di igiene del lavoro e di uso
dei mezzi di protezione collettivi e dei dispositivi di protezione individuale
messi a loro disposizione;
g) richiede
l'osservanza da parte del medico competente degli obblighi previsti dal presente
decreto, informandolo sui processi e sui rischi connessi all'attività
produttiva;
h) adotta le
misure per il controllo delle situazioni di rischio in caso di emergenza e dà
istruzioni affinché i lavoratori, in caso di pericolo grave, immediato e
inevitabile, abbandonino il posto di lavoro o la zona pericolosa;
i) informa il
più presto possibile i lavoratori esposti al rischio di un pericolo grave e
immediato circa il rischio stesso e le disposizioni prese o da prendere in
materia di protezione;
l) si astiene,
salvo eccezioni debitamente motivate, dal richiedere ai lavoratori di riprendere
la loro attività in una situazione di lavoro in cui persiste un pericolo grave
e immediato;
m) permette ai
lavoratori di verificare, mediante il rappresentante per la sicurezza,
l'applicazione delle misure di sicurezza e di protezione della salute e consente
al rappresentante per la sicurezza di accedere alle informazioni ed alla
documentazione aziendale di cui all'articolo 19 comma 1 lettera e);
n) prende
appropriati provvedimenti per evitare che le misure tecniche adottate possano
causare rischi per la salute della popolazione o deteriorare l'ambiente esterno;
o) tiene un
registro nel quale sono annotati cronologicamente gli infortuni sul lavoro che
comportano un'assenza dal lavoro di almeno un giorno. Nel registro sono annotati
il nome, il cognome, la qualifica professionale dell'infortunato, le cause e le
circostanze dell'infortunio, nonché la data di abbandono e di ripresa del
lavoro. Il registro è redatto conformemente al modello approvato con decreto
del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, sentita la Commissione
consultiva permanente, di cui all'articolo 393 del decreto del Presidente della
Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, e successive modifiche, ed è conservato sul
luogo di lavoro a disposizione dell'organo di vigilanza. Fino all'emanazione di
tale decreto il registro è redatto in conformità ai modelli già disciplinati
dalle leggi vigenti;
p) consulta il
rappresentante per la sicurezza nei casi previsti dall'articolo 19, comma 1,
lettere b), c) e d);
q) adotta le
misure necessarie ai fini della prevenzione incendi e dell'evacuazione dei
lavoratori, nonché per il caso di pericolo grave e immediato. Tali misure
devono essere adeguate alla natura dell'attività, alle dimensioni dell'azienda,
ovvero dell'unità produttiva, e al numero delle persone presenti.
6. Il datore di
lavoro effettua la valutazione di cui al comma 1 ed elabora il documento di cui
al comma 2 in collaborazione con il responsabile del servizio di prevenzione e
protezione e con il medico competente nei casi in cui sia obbligatoria la
sorveglianza sanitaria, previa consultazione del rappresentante per la
sicurezza.
7. La
valutazione di cui al comma 1 e il documento di cui al comma 2 sono rielaborati
in occasione di modifiche del processo produttivo significative ai fini della
sicurezza e della salute dei lavoratori.
8. Il datore di
lavoro custodisce, presso l'azienda ovvero l'unità produttiva, la cartella
sanitaria e di rischio del lavoratore sottoposto a sorveglianza sanitaria, con
salvaguardia del segreto professionale, e ne consegna copia al lavoratore stesso
al momento della risoluzione del rapporto di lavoro, ovvero quando lo stesso ne
fa richiesta.
9. Per le
piccole e medie aziende, con uno o più decreti da emanarsi entro il 31/3/1996
da parte dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale, dell'industria del
commercio e dell'artigianato e della sanità, sentita la Commissione consultiva
permanente per la prevenzione degli infortuni e per l'igiene del lavoro, in
relazione alla natura dei rischi e alle dimensioni dell'azienda, sono definite
procedure standardizzate per gli adempimenti documentali di cui al presente
articolo. Tali disposizioni non si applicano alle attività industriali di cui
all'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 17 maggio 1988, n.
175, e successive modifiche, soggette all'obbligo di dichiarazione o notifica ai
sensi degli articoli 4 e 6 del decreto stesso, alle centrali termoelettriche,
agli impianti e laboratori nucleari, alle aziende estrattive ed altre attività
minerarie, alle aziende per la fabbricazione e il deposito separato di
esplosivi, polveri e munizioni, e alle strutture di ricovero e cura sia
pubbliche sia private.
10. Per le
medesime aziende di cui al comma 9, primo periodo, con uno o più decreti dei
Ministri del lavoro e della previdenza sociale, dell'industria del commercio e
dell'artigianato e della sanità, sentita la Commissione consultiva permanente
per la prevenzione degli infortuni e per l'igiene del lavoro, possono essere
altresì definiti:
a) i casi
relativi a ipotesi di scarsa pericolosità, nei quali è possibile lo
svolgimento diretto dei compiti di prevenzione e protezione in aziende ovvero
unità produttive che impiegano un numero di addetti superiore a quello indicato
nell'Allegato I;
b) i casi in
cui è possibile la riduzione a una sola volta all'anno della visita di cui
all'articolo 17, lettera h), degli ambienti di lavoro da parte del medico
competente, ferma restando l'obbligatorietà di visite ulteriori, allorché si
modificano le situazioni di rischio.
11. Fatta
eccezione per le aziende indicate nella nota (1) dell'Allegato I, il datore di
lavoro delle aziende familiari nonché delle aziende che occupano fino a dieci
addetti non è soggetto agli obblighi di cui ai commi 2 e 3, ma è tenuto
comunque ad autocertificare per iscritto l'avvenuta effettuazione della
valutazione dei rischi e l'adempimento degli obblighi ad essa collegati.
L'autocertificazione deve essere inviata al rappresentante per la sicurezza.
Sono in ogni caso soggette agli obblighi di cui ai commi 2 e 3 le aziende
familiari nonché le aziende che occupano fino a dieci addetti, soggette a
particolari fattori di rischio, individuate nell'ambito di specifici settori
produttivi con uno o più decreti del Ministro del lavoro e della previdenza
sociale, di concerto con i Ministri della sanità, dell'industria del commercio
e dell'artigianato, delle risorse agricole alimentari e forestali e
dell'interno, per quanto di rispettiva competenza.
12. Gli
obblighi relativi agli interventi strutturali e di manutenzione necessari per
assicurare, ai sensi del presente decreto, la sicurezza dei locali e degli
edifici assegnati in uso a pubbliche amministrazioni o a pubblici uffici, ivi
comprese le istituzioni scolastiche ed educative, restano a carico
dell'amministrazione tenuta, per effetto di norme o convenzioni, alla loro
fornitura e manutenzione. In tal caso gli obblighi previsti dal presente
decreto, relativamente ai predetti interventi, si intendono assolti, da parte
dei dirigenti o funzionari preposti agli uffici interessati, con la richiesta
del loro adempimento all'amministrazione competente o al soggetto che ne ha
l'obbligo giuridico.
Art. 5
Obblighi dei lavoratori
1. Ciascun
lavoratore deve prendersi cura della propria sicurezza e della propria salute e
di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro su cui possono
ricadere gli effetti delle sue azioni o omissioni, conformemente alla sua
formazione e alle istruzioni e ai mezzi forniti dal datore di lavoro.
2. In
particolare i lavoratori:
a) osservano le
disposizioni e le istruzioni impartite dal datore di lavoro, dai dirigenti e dai
preposti, ai fini della protezione collettiva e individuale;
b) utilizzano
correttamente i macchinari, le apparecchiature, gli utensili, le sostanze e i
preparati pericolosi, i mezzi di trasporto e le altre attrezzature di lavoro,
nonché i dispositivi di sicurezza;
c) utilizzano
in modo appropriato i dispositivi di protezione messi a loro disposizione;
d) segnalano
immediatamente al datore di lavoro, al dirigente o al preposto le deficienze dei
mezzi e dispositivi di cui alle lettere b) e c), nonché le altre eventuali
condizioni di pericolo di cui vengono a conoscenza, adoperandosi direttamente,
in caso di urgenza, nell'ambito delle loro competenze e possibilità, per
eliminare o ridurre tali deficienze o pericoli, dandone notizia al
rappresentante dei lavoratori per la sicurezza;
e) non
rimuovono o modificano senza autorizzazione i dispositivi di sicurezza o di
segnalazione o di controllo;
f) non compiono
di propria iniziativa operazioni o manovre che non sono di loro competenza
ovvero che possono compromettere la sicurezza propria o di altri lavoratori;
g) si
sottopongono ai controlli sanitari previsti nei loro confronti;
h)
contribuiscono, insieme al datore di lavoro, ai dirigenti e ai preposti,
all'adempimento di tutti gli obblighi imposti dall'autorità competente o
comunque necessari per tutelare la sicurezza e la salute dei lavoratori durante
il lavoro.
Art. 6
Obblighi dei progettisti, dei fabbricanti, dei fornitori e
degli installatori
1. I
progettisti dei luoghi o posti di lavoro e degli impianti rispettano i principi
generali di prevenzione in materia di sicurezza e di salute al momento delle
scelte progettuali e tecniche e scelgono macchine nonché dispositivi di
protezione rispondenti ai requisiti essenziali di sicurezza previsti nella
disposizioni legislative e regolamentari vigenti (*).
2. Sono vietati
la fabbricazione, la vendita, il noleggio e la concessione in uso di macchine,
di attrezzature di lavoro e di impianti non rispondenti alle disposizioni
legislative e regolamentari vigenti in materia di sicurezza. Chiunque concede in
locazione finanziaria beni assoggettati a forme di certificazione o di
omologazione obbligatoria è tenuto a che gli stessi siano accompagnati dalle
previste certificazioni o dagli altri documenti previsti dalla legge (**).
3. Gli
installatori e montatori di impianti, macchine o altri mezzi tecnici devono
attenersi alle norme di sicurezza e di igiene del lavoro, nonché alle
istruzioni fornite dai rispettivi fabbricanti dei macchinari e degli altri mezzi
tecnici per la parte di loro competenza.
Art. 7
Contratto di appalto o contratto d'opera
1. Il datore di
lavoro, in caso di affidamento dei lavori all'interno dell'azienda, ovvero
dell'unità produttiva, a imprese appaltatrici o a lavoratori autonomi:
a) verifica,
anche attraverso l'iscrizione alla Camera di commercio, industria e artigianato,
l'idoneità tecnico-professionale delle imprese appaltatrici o dei lavoratori
autonomi in relazione ai lavori da affidare in appalto o contratto d'opera;
b) fornisce
agli stessi soggetti dettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti
nell'ambiente in cui sono destinati a operare e sulle misure di prevenzione e di
emergenza adottate in relazione alla propria attività.
2. Nell'ipotesi
di cui al comma 1) i datori di lavoro:
a) cooperano
all'attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi sul lavoro
incidenti sull'attività lavorativa oggetto dell'appalto;
b) coordinano
gli interventi di protezione e prevenzione dai rischi cui sono esposti i
lavoratori, informandosi reciprocamente anche al fine di eliminare rischi dovuti
alle interferenze tra i lavori delle diverse imprese coinvolte nell'esecuzione
dell'opera complessiva.
3. Il datore di
lavoro committente promuove la cooperazione ed il coordinamento cui al comma 2.
Tale obbligo non si estende ai rischi specifici propri dell'attività delle
imprese appaltatrici o dei singoli lavoratori autonomi. (*)
CAPO II
SERVIZIO DI PREVENZIONE EPROTEZIONE
Art. 8
Servizio di prevenzione e protezione
1. Salvo quanto
previsto dall'art. 10, il datore di lavoro organizza all'interno dell'azienda,
ovvero dell'unità produttiva, il servizio di prevenzione e protezione, o
incarica persone o servizi esterni all'azienda, secondo le regole di cui al
presente art..
2. Il datore di
lavoro designa all'interno dell'azienda ovvero dell'unità produttiva, una o più
persone da lui dipendenti per l'espletamento dei compiti di cui all'art. 9, tra
cui il responsabile del servizio in possesso di attitudini e capacità adeguate,
previa consultazione del rappresentante per la sicurezza.
3. I dipendenti
di cui al comma 2 devono essere in numero sufficiente, possedere le capacità
necessarie e disporre di mezzi e di tempo adeguati per lo svolgimento dei
compiti loro assegnati. Essi non possono subire pregiudizio a causa dell'attività
svolta nell'espletamento del proprio incarico.
4. Salvo quanto
previsto dal comma 2, il datore di lavoro può avvalersi di persone esterne
all'azienda in possesso delle conoscenze professionali necessarie per integrare
l'azione di prevenzione e protezione (*).
5.
L'organizzazione del servizio di prevenzione e protezione all'interno
dell'azienda, ovvero dell'unità produttiva, è comunque obbligatoria nei
seguenti casi: a) nelle aziende industriali di cui all'articolo 1 del decreto
del Presidente della Repubblica 17 maggio 1988, n.175 e successive modifiche,
soggette all'obbligo di dichiarazione o notifica, ai sensi degli articoli 4 e 6
del decreto stesso; b) nelle centrali termoelettriche; c) negli impianti e
laboratori nucleari; d) nelle aziende per la fabbricazione e il deposito
separato di esplosivi, polveri e munizioni; e) nelle aziende industriali con
oltre duecento dipendenti; f) nelle industrie estrattive con oltre cinquanta
lavoratori dipendenti; g) nelle strutture di ricovero e cura sia pubbliche sia
private (**).
6. Salvo quanto
previsto dal comma 5, se le capacità dei dipendenti all'interno dell'azienda
ovvero dell'unità produttiva sono insufficienti, il datore di lavoro può far
ricorso a persone o servizi esterni all'azienda, previa consultazione del
rappresentante per la sicurezza (***).
7. Il servizio
esterno deve essere adeguato alle caratteristiche dell'azienda, ovvero unità
produttiva, a favore della quale è chiamato a prestare la propria opera, anche
con riferimento al numero degli operatori.
8. Il
responsabile del servizio esterno deve possedere attitudini e capacità
adeguate.
9. Il Ministro
del lavoro e della previdenza sociale, con decreto di concerto con i Ministri
della sanità e dell'industria, del commercio e dell'artigianato, sentita la
commissione consultiva permanente, può individuare specifici requisiti, modalità
e procedure, per la certificazione dei servizi, nonché il numero minimo degli
operatori di cui ai commi 3 e 7.
10. Qualora il
datore di lavoro ricorra a persone o servizi esterni egli non è per questo
liberato dalla propria responsabilità in materia.
11. Il datore
di lavoro comunica all'ispettorato del lavoro e alle unità sanitarie locali
territorialmente competenti il nominativo della persona designata come
responsabile del servizio di prevenzione e protezione interno ovvero esterno
all'azienda. Tale comunicazione è corredata da una dichiarazione nella quale si
attesti con riferimento alle persone designate:
a) i compiti
svolti in materia di prevenzione e protezione;
b) il periodo
nel quale tali compiti sono stati svolti;
c) il
curriculum professionale.
Art. 9
Compiti del servizio di prevenzione e protezione
1. Il servizio
di prevenzione e protezione dai rischi professionali provvede:
a)
all'individuazione dei fattori di rischio, alla valutazione dei rischi e
all'individuazione delle misure per la sicurezza e la salubrità degli ambienti
di lavoro, nel rispetto della normativa vigente sulla base della specifica
conoscenza dell'organizzazione aziendale;
b) ad
elaborare, per quanto di competenza, le misure preventive e protettive e i
sistemi di cui all'art. 4, comma 2, lettera b) e i sistemi di controllo di tali
misure;
c) ad elaborare
le procedure di sicurezza per le varie attività aziendali;
d) a proporre i
programmi di informazione e formazione dei lavoratori;
e) a
partecipare alle consultazioni in materia di tutela della salute e di sicurezza
di cui all'art. 11;
f) a fornire ai
lavoratori le informazioni di cui all'art. 21.
2. Il datore di
lavoro fornisce ai servizi di prevenzione e protezione informazioni in merito a:
a) la natura
dei rischi;
b)
l'organizzazione del lavoro, la programmazione e l'attuazione delle misure
preventive e protettive;
c) la
descrizione degli impianti e dei processi produttivi;
d) i dati del
registro degli infortuni e delle malattie professionali;
e) le
prescrizioni degli organi di vigilanza.
3. I componenti
del servizio di prevenzione e protezione e i rappresentanti dei lavoratori per
la sicurezza sono tenuti al segreto in ordine ai processi lavorativi di cui
vengono a conoscenza nell'esercizio delle funzioni di cui al presente decreto.
4. Il servizio
di prevenzione e protezione è utilizzato dal datore di lavoro.
Art. 10
Svolgimento diretto da parte del datore di lavoro dei compiti
di prevenzione e protezione dai rischi
1. Il datore di
lavoro può svolgere direttamente i compiti propri del servizio di prevenzione e
protezione dai rischi nonché di prevenzione incendi e di evacuazione, nei casi
previsti nell'allegato I, dandone preventiva informazione al rappresentante dei
lavoratori per la sicurezza e alle condizioni di cui ai commi successivi. Esso
può avvalersi della facoltà di cui all'art. 8, comma 4.
2. Il datore di
lavoro che intende svolgere i compiti di cui al comma 1, deve frequentare
apposito corso di formazione in materia di sicurezza e salute sul luogo di
lavoro, promosso anche dalle associazioni dei datori di lavoro e trasmettere
all'organo di vigilanza competente per territorio:
a) una
dichiarazione attestante la capacità di svolgimento dei compiti di prevenzione
e protezione dai rischi;
b) una
dichiarazione attestante gli adempimenti di cui all'articolo 4 commi 1, 2, 3 o
11 (*);
c) una
relazione sull'andamento degli infortuni e delle malattie professionali della
propria azienda elaborata in base ai dati degli ultimi tre anni del registro
infortuni o, in mancanza dello stesso, di analoga documentazione prevista dalla
legislazione vigente;
d)
l'attestazione di frequenza del corso di formazione in materia di sicurezza e
salute sul luogo di lavoro.
Art. 11
Riunione periodica di prevenzione e protezione dai rischi
1. Nelle
aziende, ovvero unità produttive, che occupano più di quindici dipendenti, il
datore di lavoro, direttamente o tramite il servizio di prevenzione e protezione
dai rischi, indice almeno una volta all'anno una riunione cui partecipano:
a) il datore di
lavoro o un suo rappresentante;
b) il
responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi;
c) il medico
competente ove previsto;
d) il
rappresentante per la sicurezza.
2. Nel corso
della riunione il datore di lavoro sottopone all'esame dei partecipanti:
a) il
documento, di cui all'art. 4, commi 2 e 3;
b) l'idoneità
dei mezzi di protezione individuale;
c) i programmi
di informazione e formazione dei lavoratori ai fini della sicurezza e della
protezione della loro salute.
3. La riunione
ha altresì luogo in occasione di eventuali significative variazioni delle
condizioni di esposizione al rischio, compresa la programmazione e
l'introduzione di nuove tecnologie che hanno riflessi sulla sicurezza e salute
dei lavoratori.
4. Nelle
aziende, ovvero unità produttive, che occupano fino a quindici dipendenti,
nelle ipotesi di cui al comma 3, il rappresentante dei lavoratori per la
sicurezza può chiedere la convocazione di una apposita riunione.
5. Il datore di
lavoro, anche tramite il servizio di prevenzione e protezione dei rischi,
provvede alla redazione del verbale della riunione che è tenuto a disposizione
dei partecipanti per la sua consultazione.
CAPO III
PREVENZIONE INCENDI, EVACUAZIONE DEI LAVORATORI,
PRONTO SOCCORSO
Art. 12
Disposizioni generali
1. Ai fini
degli adempimenti di cui all'art. 4, comma 5, lett. q) il datore di lavoro:
a) organizza i
necessari rapporti con i servizi pubblici competenti in materia di pronto
soccorso, salvataggio, lotta antincendio e gestione dell'emergenza;
b) designa
preventivamente i lavoratori incaricati di attuare le misure di cui all'articolo
4 comma 5 lettera a) (*);
c) informa
tutti i lavoratori che possono essere esposti ad un pericolo grave e immediato
circa le misure predisposte e i comportamenti da adottare;
d) programma
gli interventi, prende i provvedimenti e dà istruzioni affinché i lavoratori
possano, in caso di pericolo grave e immediato che non può essere evitato,
cessare la loro attività, ovvero mettersi al sicuro, abbandonando
immediatamente il luogo di lavoro;
e) prende i
provvedimenti necessari affinché qualsiasi lavoratore, in caso di pericolo
grave ed immediato per la propria sicurezza ovvero per quella di altre persone e
nell'impossibilità di contattare il competente superiore gerarchico possa
prendere le misure adeguate per evitare le conseguenze di tale pericolo, tenendo
conto delle sue conoscenze e dei mezzi tecnici disponibili.
2. Ai fini
delle designazioni di cui al comma 1, lettera b), il datore di lavoro tiene
conto delle dimensioni dell'azienda ovvero dei rischi specifici dell'azienda
ovvero dell'unità produttiva.
3. I lavoratori
non possono, se non per giustificato motivo, rifiutare la designazione. Essi
devono essere formati, essere in numero sufficiente e disporre di attrezzature
adeguate, tenendo conto delle dimensioni ovvero dei rischi specifici
dell'azienda ovvero dell'unità produttiva.
4. Il datore di
lavoro deve, salvo eccezioni debitamente motivate, astenersi dal chiedere ai
lavoratori di riprendere la loro attività in una situazione di lavoro in cui
persiste un pericolo grave ed immediato.
Art. 13
Prevenzione incendi
1. Fermo
restando quanto previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 29 luglio
1982, n. 577, i Ministri dell'Interno, del lavoro e della previdenza sociale, in
relazione al tipo di attività, al numero dei lavoratori occupati e ai fattori
di rischio, adottano uno o più decreti nei quali sono definiti:
a) i criteri
diretti a individuare:
1) misure
intese a evitare l'insorgere di un incendio e a limitarne le conseguenze qualora
esso si verifichi;
2) misure
precauzionali di esercizio;
3) metodi di
controllo e manutenzione degli impianti e delle attrezzature antincendio;
4) criteri per
la gestione delle emergenze;
b) le
caratteristiche dello specifico servizio di prevenzione e protezione antincendio
di cui all'art. 12, compresi i requisiti del personale addetto e la sua
formazione.
2. Per il
settore minerario il decreto di cui al comma 1 è adottato dai Ministri
dell'interno, del lavoro e previdenza sociale e dell'industria, del commercio e
dell'artigianato.
Art. 14
Diritti dei lavoratori in caso di pericolo grave ed immediato
1. Il
lavoratore che, in caso di pericolo grave, immediato e che non può essere
evitato, si allontana dal posto di lavoro ovvero da una zona pericolosa, non può
subire pregiudizio alcuno e deve essere protetto da qualsiasi conseguenza
dannosa.
2. Il
lavoratore che, in caso di pericolo grave e immediato e nell'impossibilità di
contattare il competente superiore gerarchico, prende misure per evitare le
conseguenze di tale pericolo, non può subire pregiudizio per tale azione, a
meno che non abbia commesso una grave negligenza.
Art. 15
Pronto soccorso
1. Il datore di
lavoro, tenendo conto della natura dell'attività e delle dimensioni
dell'azienda ovvero dell'unità produttiva, sentito il medico competente ove
previsto, prende i provvedimenti necessari in materia di pronto soccorso e di
assistenza medica di emergenza, tenendo conto delle altre eventuali persone
presenti sui luoghi di lavoro e stabilendo i necessari rapporti con i servizi
esterni, anche per il trasporto dei lavoratori infortunati.
2. Il datore di
lavoro, qualora non vi provveda direttamente, designa uno o più lavoratori
incaricati dell'attuazione dei provvedimenti di cui al comma 1.
3. Le
caratteristiche minime delle attrezzature di pronto soccorso, i requisiti del
personale addetto e la sua formazione sono individuati in relazione alla natura
dell'attività, al numero dei lavoratori occupati e ai fattori di rischio, con
decreto dei Ministri della sanità, del lavoro e della previdenza sociale, della
Funzione pubblica e dell'industria, del commercio e dell'artigianato, sentita la
commissione consultiva permanente e il Consiglio Superiore di sanità.
4. Fino
all'emanazione del decreto di cui al comma 3 si applicano le disposizioni
vigenti in materia.
CAPO IV
SORVEGLIANZA SANITARIA
Art. 16
Contenuto della sorveglianza sanitaria
1. La
sorveglianza sanitaria è effettuata nei casi previsti dalla normativa vigente.
2. La
sorveglianza di cui al comma 1 è effettuata dal medico competente e comprende:
a) accertamenti
preventivi intesi a constatare l'assenza di controindicazioni al lavoro cui i
lavoratori sono destinati, ai fini della valutazione della loro idoneità alla
mansione specifica;
b) accertamenti
periodici per controllare lo stato di salute dei lavoratori ed esprimere il
giudizio di idoneità alla mansione specifica.
3. Gli
accertamenti di cui al comma 2 comprendono esami clinici e biologici e indagini
diagnostiche mirati al rischio ritenuti necessari dal medico competente.
Art. 17
Il medico competente
1. Il medico
competente:
a) collabora
con il datore di lavoro e con il servizio di prevenzione e protezione di cui
all'art. 8, sulla base della specifica conoscenza dell'organizzazione
dell'azienda ovvero dell'unità produttiva e delle situazioni di rischio, alla
predisposizione dell'attuazione delle misure per la tutela della salute e
dell'integrità psico-fisica dei lavoratori;
b) effettua gli
accertamenti sanitari di cui all'art. 16;
c) esprime i
giudizi di idoneità alla mansione specifica al lavoro, di cui all'art. 16;
d) istituisce
ed aggiorna sotto la propria responsabilità, per ogni lavoratore sottoposto a
sorveglianza sanitaria, una cartella sanitaria e di rischio da custodire presso
il datore di lavoro con salvaguardia del segreto professionale;
e) fornisce
informazioni ai lavoratori sul significato degli accertamenti sanitari cui sono
sottoposti e, nel caso di esposizione ad agenti con effetti a lungo termine,
sulla necessità di sottoporsi ad accertamenti sanitari anche dopo la cessazione
dell'attività che comporta l'esposizione a tali agenti. Fornisce altresì, a
richiesta, informazioni analoghe ai rappresentanti dei lavoratori per la
sicurezza;
f) informa ogni
lavoratore interessato dei risultati degli accertamenti sanitari di cui alla
lettera b) e, a richiesta dello stesso, gli rilascia copia della documentazione
sanitaria;
g) comunica, in
occasione delle riunioni di cui all'art. 11, ai rappresentanti per la sicurezza,
i risultati anonimi collettivi degli accertamenti clinici e strumentali
effettuati e fornisce indicazioni sul significato di detti risultati;
h)
congiuntamente al responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai
rischi, visita gli ambienti di lavoro almeno due volte all'anno e partecipa alla
programmazione del controllo dell'esposizione dei lavoratori i cui risultati gli
sono forniti con tempestività ai fini delle valutazioni e dei pareri di
competenza;
i) fatti salvi
i controlli sanitari di cui alla lettera b), effettua le visite mediche
richieste dal lavoratore qualora tale richiesta sia correlata ai rischi
professionali;
l) collabora
con il datore di lavoro alla predisposizione del servizio di pronto soccorso di
cui all'art. 15;
m) collabora
all'attività di formazione e informazione di cui al capo VI.
2. Il medico
competente può avvalersi, per motivate ragioni, della collaborazione di medici
specialisti scelti dal datore di lavoro che ne sopporta gli oneri.
3. Qualora il
medico competente, a seguito degli accertamenti di cui all'art. 16, comma 2 (*),
esprima un giudizio sull'inidoneità parziale o temporanea o totale del
lavoratore, ne informa per iscritto il datore di lavoro e il lavoratore.
4. Avverso il
giudizio di cui al comma 3 è ammesso ricorso, entro 30 giorni dalla data di
comunicazione del giudizio medesimo, all'organo di vigilanza territorialmente
competente che dispone, dopo eventuali ulteriori accertamenti, la conferma, la
modifica o la revoca del giudizio stesso.
5. Il medico
competente svolge la propria opera in qualità di:
a) dipendente
da una struttura esterna pubblica o privata convenzionata con l'imprenditore per
lo svolgimento dei compiti di cui al presente capo;
b) libero
professionista;
c) dipendente
del datore di lavoro.
6. Qualora il
medico competente sia dipendente del datore di lavoro, questi gli fornisce i
mezzi e gli assicura le condizioni necessarie per lo svolgimento dei suoi
compiti.
7. Il
dipendente di una struttura pubblica non può svolgere l'attività di medico
competente (*), qualora esplichi attività di vigilanza.
CAPO V
CONSULTAZIONE E PARTECIPAZIONE DEI LAVORATORI
Art. 18
Rappresentante per la sicurezza
1. In tutte le
aziende o unità produttive, è eletto o designato il rappresentante per la
sicurezza.
2. Nelle
aziende, o unità produttive, che occupano sino a quindici dipendenti il
rappresentante per la sicurezza è eletto direttamente dai lavoratori al loro
interno. Nelle aziende che occupano fino a quindici dipendenti il rappresentante
per la sicurezza può essere individuato per più aziende nell'ambito
territoriale ovvero nel comparto produttivo. Esso può essere designato o eletto
dai lavoratori nell'ambito delle rappresentanze sindacali, così come definite
dalla contrattazione collettiva di riferimento.
3. Nelle
aziende, ovvero unità produttive, con più di quindici dipendenti il
rappresentante per la sicurezza è eletto o designato dai lavoratori nell'ambito
delle rappresentanze sindacali in azienda. In assenza di tali rappresentanze, è
eletto dai lavoratori dell'azienda al loro interno.
4. Il numero,
le modalità di designazione o di elezione del rappresentante per la sicurezza,
nonché il tempo di lavoro retribuito e gli strumenti per l'espletamento delle
funzioni, sono stabiliti in sede di contrattazione collettiva.
5. In caso di
mancato accordo nella contrattazione collettiva di cui al comma 4, il Ministro
del lavoro e della previdenza sociale, sentite le parti, stabilisce con proprio
decreto, da emanarsi entro tre mesi dalla comunicazione del mancato accordo, gli
standards relativi alle materie di cui al comma 4. Per le amministrazioni
pubbliche provvede il Ministro per la Funzione pubblica sentite le
organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative sul piano nazionale.
6. In ogni caso
il numero minimo dei rappresentanti di cui al comma 1 è il seguente:
a) un
rappresentante nelle aziende ovvero unità produttive sino a duecento
dipendenti;
b) tre
rappresentanti nelle aziende ovvero unità produttive da duecentouno a mille
dipendenti;
c) sei
rappresentanti in tutte le altre aziende ovvero unità produttive.
7. Le modalità
e i contenuti specifici della formazione del rappresentante per la sicurezza
sono stabiliti in sede di contrattazione collettiva nazionale di categoria con
il rispetto dei contenuti minimi previsti dal decreto di cui all'art. 22, comma
7.
Art. 19
Attribuzioni del rappresentante per la sicurezza
1. Il
rappresentante per la sicurezza:
a) accede ai
luoghi di lavoro in cui si svolgono le lavorazioni;
b) è
consultato preventivamente e tempestivamente in ordine alla valutazione dei
rischi, alla individuazione, programmazione, realizzazione e verifica della
prevenzione nell'azienda ovvero unità produttiva;
c) è
consultato sulla designazione degli addetti al servizio di prevenzione,
all'attività di prevenzione incendi, al pronto soccorso, alla evacuazione dei
lavoratori;
d) è
consultato in merito all'organizzazione della formazione di cui all'art. 22,
comma 5;
e) riceve le
informazioni e la documentazione aziendale inerente la valutazione dei rischi e
le misure di prevenzione relative, nonché quelle inerenti le sostanze e i
preparati pericolosi, le macchine, gli impianti, l'organizzazione e gli ambienti
di lavoro, gli infortuni e le malattie professionali;
f) riceve le
informazioni provenienti dai servizi di vigilanza;
g) riceve una
formazione adeguata, comunque non inferiore a quella prevista dall'art. 22;
h) promuove
l'elaborazione, l'individuazione e l'attuazione delle misure di prevenzione
idonee a tutelare la salute e l'integrità fisica dei lavoratori;
i) formula
osservazioni in occasione di visite e verifiche effettuate dalle autorità
competenti;
l) partecipa
alla riunione periodica di cui all'art. 11;
m) fa proposte
in merito all'attività di prevenzione;
n) avverte il
responsabile dell'azienda dei rischi individuati nel corso della sua attività;
o) può fare
ricorso alle autorità competenti qualora ritenga che le misure di prevenzione e
protezione dai rischi adottate dal datore di lavoro e i mezzi impiegati per
attuarle non sono idonei a garantire la sicurezza e la salute durante il lavoro.
2. Il
rappresentante per la sicurezza deve disporre del tempo necessario allo
svolgimento dell'incarico senza perdita di retribuzione, nonché dei mezzi
necessari per l'esercizio delle funzioni e delle facoltà riconosciutegli.
3. Le modalità
per l'esercizio delle funzioni di cui al comma 1 sono stabilite in sede di
contrattazione collettiva nazionale.
4. Il
rappresentante per la sicurezza non può subire pregiudizio alcuno a causa dello
svolgimento della propria attività e nei suoi confronti si applicano le stesse
tutele previste dalla legge per le rappresentanze sindacali.
5. Il
rappresentante per la sicurezza ha accesso per l'espletamento della sua funzione
al documento di cui all'art. 4, commi 2 e 3, nonché al registro degli infortuni
sul lavoro di cui all'art. 4, comma 5, lettera o).
Art. 20
Organismi paritetici
1. A livello
territoriale sono costituiti organismi paritetici tra le organizzazioni
sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori, con funzioni di orientamento e
di promozione di iniziative formative nei confronti dei lavoratori. Tali
organismi sono inoltre prima istanza di riferimento in merito a controversie
sorte sull'applicazione dei diritti di rappresentanza, informazione e
formazione, previsti dalle norme vigenti.
2. Sono fatti
salvi, ai fini del comma 1, gli organismi bilaterali o partecipativi previsti da
accordi interconfederali, di categoria, nazionali, territoriali o aziendali.
3. Agli effetti
dell'art. 10 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, gli organismi di
cui al comma 1 sono parificati alla rappresentanza indicata nel medesimo art..
CAPO VI
INFORMAZIONE E FORMAZIONE DEI LAVORATORI
Art. 21
Informazione dei lavoratori
1. Il datore di
lavoro provvede affinché ciascun lavoratore riceva un'adeguata informazione su:
a) i rischi per
la sicurezza e la salute connessi all'attività dell'impresa in generale;
b) le misure e
le attività di protezione e prevenzione adottate;
c) i rischi
specifici cui è esposto in relazione all'attività svolta, le normative di
sicurezza e le disposizioni aziendali in materia;
d) i pericoli
connessi all'uso delle sostanze e dei preparati pericolosi sulla base delle
schede dei dati di sicurezza previste dalla normativa vigente e dalle norme di
buona tecnica;
e) le procedure
che riguardano il pronto soccorso, la lotta antincendio e l'evacuazione dei
lavoratori;
f) il
responsabile del servizio di prevenzione e protezione e il medico competente;
g) i nominativi
dei lavoratori incaricati di applicare le misure di cui agli artt. 12 e 15.
2. Il datore di
lavoro fornisce le informazioni di cui al comma 1, lett. a), b) e c) anche ai
lavoratori di cui all'art. 1, comma 3.
Art. 22
Formazione dei lavoratori
1. Il datore di
lavoro assicura che ciascun lavoratore, ivi compresi i lavoratori di cui
all'articolo 1 comma 3, riceva una formazione sufficiente ed adeguata in materia
di sicurezza e di salute, con particolare riferimento al proprio posto di lavoro
ed alle proprie mansioni (*).
2. La
formazione deve avvenire in occasione:
a)
dell'assunzione;
b) del
trasferimento o cambiamento di mansioni;
c)
dell'introduzione di nuove attrezzature di lavoro o di nuove tecnologie, di
nuove sostanze e preparati pericolosi.
3. La
formazione deve essere periodicamente ripetuta in relazione all'evoluzione dei
rischi, ovvero all'insorgenza di nuovi rischi.
4. Il
rappresentante per la sicurezza ha diritto a una formazione particolare in
materia di salute e sicurezza, concernente la normativa in materia di sicurezza
e salute e i rischi specifici esistenti nel proprio ambito di rappresentanza,
tale da assicurargli adeguate nozioni sulle principali tecniche di controllo e
prevenzione dei rischi stessi.
5. I lavoratori
incaricati dell'attività di prevenzione incendi e lotta antincendio, di
evacuazione dei lavoratori in caso di pericolo grave ed immediato, di
salvataggio, di pronto soccorso e, comunque, di gestione dell'emergenza devono
essere adeguatamente formati." (**).
6. La
formazione dei lavoratori e quella dei loro rappresentanti di cui al comma 4
deve avvenire, in collaborazione con gli organismi paritetici di cui all'art.
20, durante l'orario di lavoro, e non può comportare oneri economici a carico
dei lavoratori .
7. I Ministri
del lavoro e della previdenza sociale e della sanità, sentita la commissione
consultiva permanente, possono stabilire i contenuti minimi della formazione dei
lavoratori, dei rappresentanti per la sicurezza e dei datori di lavoro di cui
all'art. 10, comma 3, tenendo anche conto delle dimensioni e della tipologia
delle imprese.
CAPO VII
DISPOSIZIONI CONCERNENTI LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
Art. 23
Vigilanza
1. La vigilanza
sull'applicazione della legislazione in materia di sicurezza e salute nei luoghi
di lavoro è svolta dalla unità sanitaria locale e, per quanto di specifica
competenza, dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché per il settore
minerario, dal Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato, e per
le industrie estrattive di seconda categoria e le acque minerali e termali dalle
regioni e province autonome di Trento e di Bolzano.
2. Ferme
restando le competenze in materia di vigilanza attribuite dalla legislazione
vigente all'ispettorato del lavoro, per attività lavorative comportanti rischi
particolarmente elevati, da individuare con decreto del Presidente del Consiglio
dei Ministri, su proposta dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e
della sanità, sentita la commissione consultiva permanente, l'attività di
vigilanza sull'applicazione della legislazione in materia di sicurezza può
essere esercitata anche dall'ispettorato del lavoro che ne informa
preventivamente il servizio di prevenzione e sicurezza della unità sanitaria
locale competente per territorio.
3. Il decreto
di cui al comma 2 è emanato entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore
del presente decreto.
4. Restano
ferme le competenze in materia di sicurezza e salute dei lavoratori attribuite
dalle disposizioni vigenti agli uffici di sanità aerea e marittima e alle
autorità marittime, portuali ed aeroportuali, per quanto riguarda la sicurezza
dei lavoratori a bordo di navi e di aeromobili ed in ambito portuale ed
aeroportuale, ed ai servizi sanitari e tecnici istituiti per le Forze armate e
per le Forze di polizia; i predetti servizi sono competenti altresì per le aree
riservate o operative e per quelle che presentano analoghe esigenze da
individuarsi, anche per quel che riguarda le modalità di attuazione, con
decreto del Ministro competente di concerto con i Ministri del lavoro e della
previdenza sociale e della sanità. L'Amministrazione della giustizia può
avvalersi dei servizi istituiti per le Forze armate e di polizia, anche mediante
convenzione con i rispettivi ministeri, nonché dei servizi istituiti con
riferimento alle strutture penitenziarie."
Art. 24
Informazione, consulenza, assistenza
1. Le Regioni,
il ministero dell'Interno tramite le strutture del Corpo nazionale dei vigili
del fuoco, l'Ispesl, anche mediante i propri dipartimenti periferici, il
ministero del lavoro e della previdenza sociale, per mezzo degli ispettorati del
lavoro, il ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato, per il
settore estrattivo, tramite gli uffici della direzione generale delle miniere,
l'Istituto italiano di medicina sociale e gli enti di patronato, svolgono
attività di informazione, consulenza e assistenza in materia di sicurezza e
salute nei luoghi di lavoro, in particolare nei confronti delle imprese
artigiane e delle piccole e medie imprese e delle rispettive associazioni dei
datori di lavoro.
2. L'attività
di consulenza non può essere prestata dai soggetti che svolgono attività di
controllo e di vigilanza.
Art. 25
Coordinamento
1. Con atto di
indirizzo e coordinamento, da emanarsi, su proposta dei Ministri del lavoro e
della previdenza sociale e della sanità, previa deliberazione del Consiglio dei
Ministri, entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto,
sono individuati criteri al fine di assicurare unità e omogeneità di
comportamenti in tutto il territorio nazionale nell'applicazione delle
disposizioni in materia di sicurezza e salute dei lavoratori e di
radioprotezione (*).
Art. 26
Commissione consultiva permanente per la prevenzione degli
infortuni
e l'igiene del lavoro
1. L'art. 393
del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547 è sostituito
dal seguente:
Art. 393 (Costituzione
della Commissione)
1. Presso il
ministero del lavoro e della previdenza sociale è istituita una commissione
consultiva permanente per la prevenzione degli infortuni e per l'igiene del
lavoro. Essa è presieduta dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale o
dal Direttore generale della Direzione generale dei rapporti di lavoro da lui
delegato, ed è composta da:
a) cinque
funzionari esperti designati dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale,
di cui tre ispettori del lavoro, laureati uno in ingegneria, uno in medicina e
chirurgia e uno in chimica o fisica;
b) il direttore
e tre funzionari dell'Istituto superiore per la prevenzione e sicurezza del
lavoro;
c) un
funzionario dell'Istituto superiore di sanità;
d) Il Direttore
generale competente del Ministero della sanità ed un funzionario per ciascuno
dei seguenti Ministeri: industria, commercio ed artigianato; difesa; trasporti;
risorse agricole alimentari e forestali; ambiente e della Presidenza del
Consiglio dei Ministri Dipartimento della funzione pubblica e degli affari
regionali (*)
e) sei
rappresentanti delle regioni e province autonome designati dalla Conferenza
Stato-regioni;
f) un
rappresentante dei seguenti organismi:
Istituto
nazionale assicurazioni e infortuni sul lavoro; Corpo nazionale dei vigili del
fuoco; Consiglio nazionale ricerche; Uni, Cei, Agenzia nazionale protezione
ambiente; Istituto Italiano di Medicina Sociale (*)
g) otto esperti
nominati dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale su designazione
delle organizzazioni sindacali dei lavoratori maggiormente rappresentative a
livello nazionale; (*)
h) otto esperti
nominati dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale su designazione
delle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro, anche dell'artigianato e
della piccola e media impresa, maggiormente rappresentative a livello nazionale;
(*)
i) un esperto
nominato dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale su designazione
delle organizzazioni sindacali dei dirigenti d'azienda maggiormente
rappresentative a livello nazionale.
Ai predetti
componenti, per le riunioni o giornate di lavoro, non spetta il gettone di
presenza di cui al decreto del Presidente della Repubblica 11 gennaio 1956, n.
5, e successive modificazioni (*)
2. Per ogni
rappresentante effettivo è designato un membro supplente.
3. All'inizio
di ogni mandato la commissione può istituire Comitati speciali permanenti dei
quali determina la composizione e la funzione.
4. La
commissione può chiamare a far parte dei Comitati di cui al comma tre persone
particolarmente esperte, anche su designazione delle Associazioni professionali
dell'Università e degli Enti di ricerca, in relazione alle materie trattate.
5. Le funzioni
inerenti alla segreteria della commissione sono disimpegnate da due funzionari
del ministero del lavoro e della previdenza sociale.
6. I componenti
della commissione consultiva permanente e i segretari sono nominati con decreto
del Ministro del lavoro e della previdenza sociale su designazione degli
organismi competenti e durano in carica tre anni.
2. L'art. 394
del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, è
sostituito dal seguente:
Art. 394
(Compiti della Commissione)
1. La
commissione consultiva permanente ha il compito di:
a) esaminare i
problemi applicativi della normativa in materia di sicurezza e salute su posto
di lavoro e predisporre una relazione annuale al riguardo;
b) formulare
proposte per lo sviluppo e il perfezionamento della legislazione vigente e per
il suo coordinamento con altre disposizioni concernenti la sicurezza e la
protezione della salute dei lavoratori nonché per il coordinamento degli organi
preposti alla vigilanza;
c) esaminare le
problematiche evidenziate dai Comitati regionali sulle misure preventive e di
controllo dei rischi adottate nei luoghi di lavoro;
d) proporre
linee guida applicative della normativa di sicurezza;
e) esprimere
parere sugli adeguamenti di natura strettamente tecnica relativi alla normativa
Cee da attuare a livello nazionale;
f) esprimere
parere sulle richieste di deroga previste dall'art. 48 del decreto legislativo
15 agosto 1991, n. 277;
g) esprimere
parere sulle richieste di deroga previste dall'art. 8 del decreto legislativo 25
gennaio 1992, n. 77;
h) esprimere
parere sul riconoscimento della conformità alle vigenti norme per la sicurezza
e la salute dei lavoratori sul luogo di lavoro di mezzi e sistemi di sicurezza;
(*)
i) esprimere il
parere sui ricorsi avverso le disposizioni impartite dagli ispettori del lavoro
nell'esercizio della vigilanza, sulle attività comportanti rischi
particolarmente elevati, individuate ai sensi dell'art. 43, comma 1, lettera g)
n. 4 della legge 19 febbraio 1991, n. 142 secondo le modalità di cui all'art.
402;
l) esprimere
parere, su richiesta del Ministero del lavoro e della previdenza sociale o del
Ministero della sanità o delle regioni, su qualsiasi questione relativa alla
sicurezza del lavoro e alla protezione della salute dei lavoratori.
2. La relazione
di cui al comma precedente lettera a) è resa pubblica ed è trasmessa alle
commissioni parlamentari competenti e ai presidenti delle regioni.
3. La
commissione, per l'espletamento dei suoi compiti, può chiedere dati o
promuovere indagini e, su richiesta o autorizzazione del ministero del lavoro e
della previdenza sociale, effettuare sopralluoghi.
3. L'art. 395
del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, è
soppresso.
Art. 27
Comitati regionali di coordinamento
1. Con atto di
indirizzo e coordinamento, da emanarsi entro un anno dalla data di entrata in
vigore del presente decreto, sentita la Conferenza Stato-regioni, su proposta
dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della sanità, previa
deliberazione del Consiglio dei Ministri, sono individuati criteri generali
relativi all'individuazione di organi operanti nella materia della sicurezza e
della salute sul luogo di lavoro al fine di realizzare uniformità di interventi
e il necessario raccordo con la commissione consultiva permanente.
2. Alle
riunioni della Conferenza Stato-regioni, convocate per i pareri di cui al comma
1, partecipano i rappresentanti dell'Anci, dell'Upi e dell'Unicem.
Art. 28
Adeguamenti al progresso tecnico
1. Con decreto
del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri
della sanità e dell'industria, del commercio e dell'artigianato, sentita la
commissione consultiva permanente:
a) è
riconosciuta la conformità alle vigenti norme per la sicurezza e la salute dei
lavoratori sul luogo di lavoro di mezzi e sistemi di sicurezza (*);
b) si dà
attuazione alle direttive in materia di sicurezza e salute dei lavoratori sul
luogo di lavoro della Comunità europea per le parti in cui modificano modalità
esecutive e caratteristiche di ordine tecnico di altre direttive già recepite
nell'ordinamento nazionale;
c) si provvede
all'adeguamento della normativa di natura strettamente tecnica e degli allegati
al presente decreto in relazione al progresso tecnologico.
CAPO VIII
STATISTICHE DEGLI INFORTUNI E DELLE MALATTIE PROFESSIONALI
Art. 29
Statistiche degli infortuni e delle malattie professionali
1. L'Inail e l'Ispesl
si forniscono reciprocamente i dati relativi agli infortuni ed alle malattie
professionali anche con strumenti telematici.
2. L'Ispesl e
l'Inail indicono una conferenza permanente di servizio per assicurare il
necessario coordinamento in relazione a quanto previsto dall'art. 8, comma 3 del
decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517, nonché per verificare
l'adeguatezza dei sistemi di prevenzione e assicurativi, e per studiare e
proporre soluzioni normative e tecniche atte a ridurre il fenomeno degli
infortuni e delle malattie professionali.
3. I criteri
per la raccolta ed elaborazione delle informazioni relative ai rischi e ai danni
derivanti da infortunio durante l'attività lavorativa sono individuati nelle
norme Uni, riguardanti i parametri per la classificazione dei casi di infortunio
e i criteri per il calcolo degli indici di frequenza e gravità e loro
successivi aggiornamenti.
4. Con decreto
del Ministro del lavoro e della previdenza sociale e del Ministro della sanità,
sentita la commissione consultiva permanente, possono essere individuati i
criteri integrativi di quelli di cui al comma 3 in relazione a particolari
rischi.
5. I criteri
per la raccolta e l'elaborazione delle informazioni relative ai rischi e ai
danni derivanti dalle malattie professionali, nonché ad altre malattie e forme
patologiche eziologicamente collegate al lavoro, sono individuati con decreto
del Ministro del lavoro e della previdenza sociale e del Ministro della sanità,
sentita la commissione consultiva permanente, sulla base delle norme di buona
tecnica.
TITOLO II
LUOGHI DI LAVORO
Art. 30
Definizioni
1. Ai fini
dell'applicazione delle disposizioni di cui al presente titolo si intendono per
luoghi di lavoro:
a) i luoghi
destinati a contenere posti di lavoro, ubicati all'interno dell'azienda ovvero
dell'unità produttiva nonché ogni altro luogo nell'area della medesima azienda
ovvero unità produttiva comunque accessibile per il lavoro.
2. Le
disposizioni del presente titolo non si applicano:
a) ai mezzi di
trasporto;
b) ai cantieri
temporanei o mobili;
c) alle
industrie estrattive;
d) ai
pescherecci;
e) ai campi,
boschi e altri terreni facenti parte di una impresa agricola o forestale, ma
situati fuori dall'area edificata dell'azienda.
3. Ferme
restando le disposizioni di legge vigenti, le prescrizioni di sicurezza e di
salute per i luoghi di lavoro sono specificate nell'allegato II.
4. I luoghi di
lavoro devono essere strutturati tenendo conto, se del caso, di eventuali
lavoratori portatori di handicap.
5. L'obbligo di
cui al comma 4, vige, in particolare per le porte, le vie di circolazione, le
scale, le docce, i gabinetti e i posti di lavoro utilizzati od occupati
direttamente da lavoratori portatori di handicap.
6. La
disposizione di cui al comma 4 non si applica ai luoghi di lavoro già
utilizzati prima del 1° gennaio 1993, ma debbono essere adottate misure idonee
a consentire la mobilità e l'utilizzazione dei servizi sanitari e di igiene
personale.
Art. 31
Requisiti di sicurezza e di salute
1. Ferme
restando le disposizioni legislative e regolamentari vigenti e fatte salve le
disposizioni di cui all'art. 8, comma 4 del decreto legislativo 30 dicembre 1992
n. 502 come modificato dal decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517, i luoghi
di lavoro costruiti o utilizzati anteriormente all'entrata in vigore del
presente decreto devono essere adeguati alle prescrizioni di sicurezza e salute
di cui al presente titolo entro il 1° gennaio 1997.
2. Se gli
adeguamenti di cui al comma richiedono un provvedimento concessorio o
autorizzatorio il datore di lavoro deve immediatamente iniziare il procedimento
diretto al rilascio dell'atto ed ottemperare agli obblighi entro sei mesi dalla
data del provvedimento stesso.
3. Sino a che i
luoghi di lavoro non vengono adeguati, il datore di lavoro, previa consultazione
del rappresentante per la sicurezza, adotta misure alternative che garantiscono
un livello di sicurezza equivalente.
4. Ove vincoli
urbanistici o architettonici ostino agli adeguamenti di cui al comma 1, il
datore di lavoro, previa consultazione del rappresentante per la sicurezza,
adotta le misure alternative di cui al comma 3. Le misure, nel caso di cui al
presente comma, sono autorizzate dall'organo di vigilanza competente per
territorio.
Art. 32
Obblighi del datore di lavoro
1. Il datore di
lavoro provvede affinché:
a) le vie di
circolazione interne o all'aperto che conducono ad uscite o uscite di emergenza
e le uscite di emergenza siano sgombre allo scopo di consentirne l'utilizzazione
in ogni evenienza;
b) i luoghi di
lavoro, gli impianti e i dispositivi vengano sottoposti a regolare manutenzione
tecnica e vengano eliminati, quanto più rapidamente possibile, i difetti
rilevati che possano pregiudicare la sicurezza e la salute dei lavoratori;
c) i luoghi di
lavoro, gli impianti e i dispositivi vengano sottoposti a regolare pulitura,
onde assicurare condizioni igieniche adeguate;
d) gli impianti
e i dispositivi di sicurezza destinati alla prevenzione o all'eliminazione dei
pericoli, vengano sottoposti a regolare manutenzione e al controllo del loro
funzionamento.
Art. 33
Adeguamenti di norme
1. L'art. 13
del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547 è sostituito
dal seguente:
Art. 13 (Vie
e uscite di emergenza)
1. Ai fini del
presente decreto si intende per:
a) via di
emergenza: percorso senza ostacoli al deflusso che consente alle persone che
occupano un edificio o un locale di raggiungere un luogo sicuro;
b) uscita di
emergenza: passaggio che immette in un luogo sicuro;
c) luogo
sicuro: luogo nel quale le persone sono da considerarsi al sicuro dagli effetti
determinati dall'incendio o altre situazioni di emergenza.
c-bis)
larghezza di una porta o luce netta di una porta: larghezza di passaggio al
netto dell'ingombro dell'anta mobile in posizione di massima apertura se
scorrevole, in posizione di apertura a 90° se incernierata (larghezza utile di
passaggio). (*)
2. Le vie e le
uscite di emergenza devono rimanere sgombre e consentire di raggiungere il più
rapidamente possibile un luogo sicuro.
3. In caso di
pericolo tutti i posti di lavoro devono poter essere evacuati rapidamente e in
piena sicurezza da parte dei lavoratori.
4. Il numero,
la distribuzione e le dimensioni delle vie e delle uscite di emergenza devono
essere adeguate alle dimensioni dei luoghi di lavoro, alla loro ubicazione, alla
loro destinazione d'uso, alle attrezzature in essi installate, nonché al numero
massimo di persone che possono essere presenti in detti luoghi.
5. Le vie e le
uscite di emergenza devono avere altezza minima di m. 2,0 e larghezza minima
conforme alla normativa vigente in materia antincendio.
6. Qualora le
uscite di emergenza siano dotate di porte, queste devono essere apribili nel
verso dell'esodo e qualora siano chiuse, devono poter essere aperte facilmente e
immediatamente da parte di qualsiasi persona che abbia bisogno di utilizzarle in
caso di emergenza.
L'apertura
delle porte delle uscite di emergenza nel verso dell'esodo non è richiesta
quando possa determinare pericoli per passaggio di mezzi o per altre cause,
fatta salva l'adozione di altri accorgimenti adeguati specificamente autorizzati
dal Comando provinciale dei vigili del fuoco competente per territorio. (**)
7. Le porte
delle uscite di emergenza non devono essere chiuse a chiave, se non in casi
specificamente autorizzati dall'autorità competente.
8. Nei locali
di lavoro e in quelli destinati a deposito è vietato adibire, quali porte delle
uscite di emergenza, le saracinesche a rullo, le porte scorrevoli verticalmente
e quelle girevoli su asse centrale.
9. Le vie e le
uscite di emergenza nonché le vie di circolazione e le porte che vi danno
accesso non devono essere ostruite da oggetti in modo da poter essere utilizzate
in ogni momento senza impedimenti.
10. Le vie e le
uscite di emergenza devono essere evidenziate da apposita segnaletica, conforme
alle disposizioni vigenti, durevole e collocata in luoghi appropriati.
11. Le vie e le
uscite di emergenza che richiedono un'illuminazione devono essere dotate di
un'illuminazione di sicurezza di intensità sufficiente che entri in funzione in
caso di guasto dell'impianto elettrico.
12. Gli edifici
che sono costruiti o adattati interamente per le lavorazioni che presentano
pericoli di esplosioni o specifici rischi di incendio alle quali sono adibiti più
di cinque lavoratori, devono essere almeno due scale distinte di facile accesso
o rispondere a quanto prescritto dalla specifica normativa antincendio. Per gli
edifici già costruiti si dovrà provvedere in conformità, quando non ne esista
la impossibilità accertata dall'organo di vigilanza: in quest'ultimo caso sono
disposte le misure e cautele ritenute più efficienti. Le deroghe già concesse
mantengono la loro validità salvo diverso provvedimento dell'organo di
vigilanza. (**)
13. Per i
luoghi di lavoro già utilizzati prima del 1° gennaio 1993 non si applica la
disposizione contenuta nel comma 4, ma gli stessi debbono avere un numero
sufficiente di vie e uscite di emergenza.
2. L'art. 14
del decreto del Presidente della Repubblica del 27 aprile 1955, n. 547 è
sostituito dal seguente:
Art. 14 (Porte
e portoni)
1. Le porte dei
locali di lavoro devono, per numero, dimensioni, posizione e materiali di
realizzazione, consentire una rapida uscita delle persone ed essere agevolmente
apribili dall'interno durante il lavoro.
2. Quando in un
locale le lavorazioni e i materiali comportino pericoli di esplosione o
specifici rischi di incendio e siano adibiti alle attività che si svolgono nel
locale stesso più di cinque lavoratori, almeno una porta ogni cinque lavoratori
deve essere apribile nel verso dell'esodo e avere larghezza minima di m. 1,20
(**)
3. Quando in un
locale si svolgono lavorazioni diverse da quelle previste al comma 2), la
larghezza minima delle porte è la seguente:
a) quando in
uno stesso locale i lavoratori normalmente ivi occupati siano fino a
venticinque, il locale deve essere dotato di una porta avente larghezza minima
di m 0,80; (**)
b) quando in
uno stesso locale i lavoratori normalmente ivi occupati siano in numero compreso
tra ventisei e cinquanta, il locale deve essere dotato di una porta avente
larghezza minima di m 1,20 che si apra nel verso dell'esodo;
c) quando in
uno stesso locale i lavoratori normalmente ivi occupati siano in numero compreso
tra cinquantuno e cento, il locale deve essere dotato di una porta avente
larghezza minima di m 1,20 e di una porta avente larghezza minima di m 0,80, che
si aprano entrambe nel verso dell'esodo; (**)
d) quando in
uno stesso locale i lavoratori normalmente ivi occupati siano in numero
superiore a cento, in aggiunta alle porte previste alla lettera c) il locale
deve essere dotato di almeno una porta che si apra nel verso dell'esodo avente
larghezza minima di m 1,20 per ogni cinquanta lavoratori normalmente ivi
occupati o frazione compresa tra dieci e cinquanta calcolati limitatamente
all'eccedenza rispetto a cento.
4. Il numero
complessivo delle porte di cui al comma 3 può anche essere minore, purché la
loro larghezza complessiva non risulti inferiore.
5. Alle porte
per le quali è prevista una larghezza minima di m 1,20 è applicabile una
tolleranza in meno del 5% (cinque per cento). Alle porte per le quali è
prevista una larghezza minima di metri 0,80 è applicabile una tolleranza di
meno del 2% (due per cento). (**)
6. Quando in un
locale di lavoro le uscite di emergenza di cui all'art. 13 comma 5 coincidono
con le porte di cui al comma 1, si applicano le disposizioni di cui all'art. 13
comma 5.
7. Nei locali
di lavoro e in quelli adibiti a magazzino non sono ammesse le porte scorrevoli,
le saracinesche a rullo, le porte girevoli su asse centrale, quando non esistano
altre porte apribili verso l'esterno del locale.
8.
Immediatamente accanto ai portoni destinati essenzialmente alla circolazione dei
veicoli devono esistere, a meno che il passaggio dei pedoni sia sicuro, porte
per la circolazione dei pedoni che devono essere segnalate in modo visibile ed
essere sgombre in permanenza.
9. Le porte e i
portoni apribili nei due versi devono essere trasparenti o essere muniti di
pannelli trasparenti.
10. Sulle porte
trasparenti deve essere apposto un segno indicativo all'altezza degli occhi.
11. Se le
superfici trasparenti o traslucide delle porte e dei portoni non sono costituite
da materiali di sicurezza e c'è il rischio che i lavoratori possano rimanere
feriti in caso di rottura di dette superfici, queste devono essere protette
contro lo sfondamento.
12. Le porte
scorrevoli devono disporre di un sistema di sicurezza che impedisca loro di
uscire dalle guide o di cadere.
13. Le porte e
i portoni che si aprono verso l'alto devono disporre di un sistema di sicurezza
che impedisca loro di ricadere.
14. Le porte e
i portoni ad azionamento meccanico devono funzionare senza rischi di infortuni
per i lavoratori. Essi devono essere muniti di dispositivi di arresto di
emergenza facilmente identificabili ed accessibili e poter essere aperti anche
manualmente, salvo che la loro apertura possa avvenire automaticamente in caso
di mancanza di energia elettrica.
15. Le porte
situate sul percorso delle vie di emergenza devono essere contrassegnate in
maniera appropriata con segnaletica durevole conformemente alla normativa
vigente. Esse devono poter essere aperte, in ogni momento, dall'interno senza
aiuto speciale.
16. Quando i
luoghi di lavoro sono occupati le porte devono poter essere aperte.
17. I luoghi di
lavoro già utilizzati prima del 1° gennaio 1993 devono essere provvisti di
porte di uscita che, per numero ed ubicazione, consentono la rapida uscita delle
persone e che sono agevolmente apribili dall'interno durante il lavoro.
Comunque, detti luoghi devono essere adeguati quanto meno alle disposizioni di
cui ai precedenti commi 9 e 10. Per i luoghi di lavoro costruiti o utilizzati
prima del 27 novembre 1994 non si applicano le disposizioni dei commi 2, 3, 4,
5, 6 concernenti la larghezza delle porte. In ogni caso la larghezza delle porte
di uscita di detti luoghi di lavoro deve essere conforme a quanto previsto dalla
concessione edilizia ovvero dalla licenza di abitabilità. (**)
3. L'art. 8 del
decreto del Presidente della Repubblica del 27 aprile 1955, n. 547 è sostituito
dal seguente:
Art. 8 (Vie
di circolazione, zone di pericolo, pavimenti e passaggi)
1. Le vie di
circolazione, comprese scale, scale fisse e banchine e rampe di carico, devono
essere situate e calcolate in modo tale che i pedoni o i veicoli possano
utilizzarle facilmente in piena sicurezza e conformemente alla loro destinazione
e che i lavoratori operanti nelle vicinanze di queste vie di circolazione non
corrano alcun rischio.
2. Il calcolo
delle dimensioni delle vie di circolazione per persone ovvero merci dovrà
basarsi sul numero potenziale degli utenti e sul tipo di impresa.
3. Qualora
sulle vie di circolazione siano utilizzati mezzi di trasporto, dovrà essere
prevista per i pedoni una distanza di sicurezza sufficiente.
4. Le vie di
circolazione destinate ai veicoli devono passare a una distanza sufficiente da
porte, portoni, passaggi per pedoni, corridoi e scale.
5. Nella misura
in cui l'uso e l'attrezzatura dei locali lo esigano per garantire la protezione
dei lavoratori, il tracciato delle vie di circolazione deve essere evidenziato.
6. Se i luoghi
di lavoro comportano zone di pericolo, in funzione della natura del lavoro e
presentano rischi di cadute dei lavoratori o rischi di cadute d'oggetti, tali
luoghi devono essere dotati di dispositivi per impedire che i lavoratori non
autorizzati possano accedere a dette zone.
7. Devono
essere prese misure appropriate per proteggere i lavoratori autorizzati ad
accedere alle zone di pericolo.
8. Le zone di
pericolo devono essere segnalate in modo chiaramente visibile.
9. I pavimenti
degli ambienti di lavoro e dei luoghi destinati al passaggio non devono
presentare buche o sporgenze pericolose e devono essere in condizioni tali da
rendere sicuro il movimento e il transito delle persone e dei mezzi di
trasporto.
10. I pavimenti
e i passaggi non devono essere ingombrati da materiali che ostacolino la normale
circolazione.
11. Quando per
evidenti ragioni tecniche non si possono completamente eliminare dalle zone di
transito ostacoli fissi o mobili che costituiscono un pericolo per i lavoratori
o i veicoli che tali zone devono percorrere, gli ostacoli devono essere
adeguatamente segnalati.
4.
L'intestazione del Titolo II del decreto del Presidente della Repubblica 19
marzo 1956 n. 303 è sostituita della seguente:
Titolo II -
Disposizioni particolari.
5. L'articolo 6
del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, è sostituito
dal seguente:
"Art. 6
(Altezza, cubatura e superficie)
1. I limiti
minimi per altezza, cubatura e superficie dei locali chiusi destinati o da
destinarsi al lavoro nelle aziende industriali che occupano più di cinque
lavoratori , ed in ogni caso in quelle che eseguono le lavorazioni indicate
nell'articolo 33, sono i seguenti:
a) altezza
netta non inferiore a m. 3;
b) cubatura non
inferiore a mc. 10 per lavoratore;
c) ogni
lavoratore occupato in ciascun ambiente deve disporre di una superficie di
almeno mq. 2.
2. I valori
relativi alla cubatura e alla superficie si intendono lordi cioè senza
deduzione dei mobili, macchine ed impianti fissi.
3. L'altezza
netta dei locali è misurata dal pavimento all'altezza media della copertura dei
soffitti o delle volte.
4. Quando
necessità tecniche aziendali lo richiedono, l'organo di vigilanza competente
per territorio può consentire altezze minime inferiori a quelle sopra indicate
e prescrivere che siano adottati adeguati mezzi di ventilazione dell'ambiente.
L'osservanza dei limiti stabiliti dal presente articolo circa l'altezza, la
cubatura e la superficie dei locali chiusi di lavoro è estesa anche alle
aziende industriali che occupano meno di cinque lavoratori quando le lavorazioni
che in esse si svolgono siano ritenute, a giudizio dell'organo di vigilanza,
pregiudizievoli alla salute dei lavoratori occupati.
5. Per i locali
destinati o da destinarsi ad uffici, indipendentemente dal tipo di azienda, e
per quelli delle aziende commerciali, i limiti di altezza sono quelli
individuati dalla normativa urbanistica vigente."
6. L'art. 9 del
decreto del Presidente della Repubblica del 19 marzo 1956, n. 303 è sostituito
dal seguente:
Art. 9 (Aerazione
dei luoghi di lavoro chiusi)
1. Nei luoghi
di lavoro chiusi, è necessario far sì che tenendo conto dei metodi di lavoro e
degli sforzi fisici ai quali sono sottoposti i lavoratori, essi dispongano di
aria salubre in quantità sufficiente anche ottenuta con impianti di areazione.
(***)
2. Se viene
utilizzato un impianto di aerazione, esso deve essere sempre mantenuto
funzionante. Ogni eventuale guasto deve essere segnalato da un sistema di
controllo, quando ciò è necessario per salvaguardare la salute dei lavoratori.
3. Se sono
utilizzati impianti di condizionamento dell'aria o di ventilazione meccanica,
essi devono funzionare in modo che i lavoratori non siano esposti a correnti
d'aria fastidiosa.
4. Qualsiasi
sedimento o sporcizia che potrebbe comportare un pericolo immediato per la
salute dei lavoratori dovuto all'inquinamento dell'aria respirata deve essere
eliminato rapidamente.
7. L'art. 11
del Decreto del Presidente della Repubblica del 19 marzo 1956, n. 303 è
sostituito dal seguente:
Art. 11 (Temperatura
dei locali)
1. La
temperatura nei locali di lavoro deve essere adeguata all'organismo umano
durante il tempo di lavoro, tenuto conto dei metodi di lavoro applicati e degli
sforzi fisici imposti ai lavoratori.
2. Nel giudizio
sulla temperatura adeguata per i lavoratori si deve tener conto della influenza
che possono esercitare sopra di essa il grado di umidità e il movimento
dell'aria concomitanti.
3. La
temperatura dei locali di riposo, dei locali per il personale di sorveglianza,
dei servizi igienici, delle mense e dei locali di pronto soccorso deve essere
conforme alla destinazione specifica di questi locali.
4. Le finestre,
i lucernari e le pareti vetrate devono essere tali da evitare un soleggiamento
eccessivo dei luoghi di lavoro, tenendo conto del tipo di attività e della
natura del luogo di lavoro.
5. Quando non
è conveniente modificare la temperatura di tutto l'ambiente, si deve provvedere
alla difesa dei lavoratori contro le temperature troppo alte o troppo basse
mediante misure tecniche localizzate o mezzi personali di protezione.
8. L'art. 10
del Decreto del Presidente della Repubblica del 19 marzo 1956, n. 303 è
sostituito dal seguente:
Art. 10 (Illuminazione
naturale ed artificiale dei luoghi di lavoro)
1. A meno che
non sia richiesto diversamente dalle necessità delle lavorazioni e salvo che
non si tratti di locali sotterranei, i luoghi di lavoro devono disporre di
sufficiente luce naturale. In ogni caso, tutti i predetti locali e luoghi di
lavoro devono essere dotati di dispositivi che consentono un'illuminazione
artificiale adeguata per salvaguardare la sicurezza, la salute e il benessere
dei lavoratori. (***)
2. Gli impianti
di illuminazione dei locali di lavoro e delle vie di circolazione devono essere
installati in modo che il tipo d'illuminazione previsto non rappresenta un
rischio di infortunio per i lavoratori.
3. I luoghi di
lavoro nei quali i lavoratori sono particolarmente esposti a rischi in caso di
guasto dell'illuminazione artificiale, devono disporre di un'illuminazione di
sicurezza di sufficiente intensità.
4. Le superfici
vetrate illuminanti e i mezzi di illuminazione artificiale devono essere tenuti
costantemente in buone condizioni di pulizia e di efficienza.
9. L'art. 7 del
Decreto del Presidente della Repubblica del 19 marzo 1956, n. 303, è sostituito
dal seguente:
Art. 7 (Pavimenti,
muri, soffitti, finestre e lucernari dei locali scale e marciapiedi mobili,
banchina e rampe di carico)
1. A meno che
non sia richiesto diversamente dalle necessità della lavorazione, è vietato
adibire a lavori continuativi i locali chiusi che non rispondono alle seguenti
condizioni:
a) essere ben
difesi contro gli agenti atmosferici, e provvisti di un isolamento termico
sufficiente, tenuto conto del tipo di impresa e dell'attività fisica dei
lavoratori;
b) avere
aperture sufficienti per un rapido ricambio d'aria;
c) essere ben
asciutti e ben difesi contro l'umidità;
d) avere le
superfici dei pavimenti, delle pareti, dei soffitti tali da poter essere pulite
e deterse per ottenere condizioni adeguate di igiene.
2. I pavimenti
dei locali devono essere esenti da protuberanze, cavità o piani inclinati
pericolosi, devono essere fissi, stabili e antisdrucciolevoli.
3. Nelle parti
dei locali dove abitualmente si versano sul pavimento sostanze putrescibili o
liquidi, il pavimento deve avere superficie unita e impermeabile e pendenza
sufficiente per avviare rapidamente i liquidi verso i punti di raccolta e
scarico.
4. Quando il
pavimento dei posti di lavoro e di quelli di passaggio si mantiene bagnato, esso
deve essere munito in permanenza di palchetti o di graticolato, se i lavoratori
non sono forniti di idonee calzature impermeabili.
5. Qualora non
ostino particolari condizioni tecniche, le pareti dei locali di lavoro devono
essere a tinta chiara.
6. Le pareti
trasparenti o traslucide, in particolare le pareti completamente vetrate, nei
locali o nelle vicinanze dei posti di lavoro e delle vie di circolazione, devono
essere chiaramente segnalate e costituite da materiali di sicurezza fino
all'altezza di 1 metro dal pavimento, ovvero essere separate dai posti di lavoro
e dalle vie di circolazione succitati in modo tale che i lavoratori non possono
entrare in contatto con le pareti nè rimanere feriti qualora esse vadano in
frantumi. Nel caso in cui vengono utilizzati materiali di sicurezza fino
all'altezza di 1 metro dal pavimento, tale altezza è elevata quando ciò è
necessario in relazione al rischio che i lavoratori rimangono feriti qualora
esse vadano in frantumi. (***)
7. Le finestre,
i lucernari e i dispositivi di ventilazione devono poter essere aperti, chiusi,
regolati e fissati dai lavoratori in tutta sicurezza. Quando sono aperti essi
devono essere posizionati in modo da non costituire un pericolo per i
lavoratori.
8. Le finestre
e i lucernari devono essere concepiti congiuntamente con l'attrezzatura o dotati
di dispositivi che consentono la loro pulitura senza rischi per i lavoratori che
effettuano tale lavoro, nonché per i lavoratori presenti nell'edificio e
intorno ad esso.
9. L'accesso ai
tetti costituiti da materiali non sufficientemente resistenti può essere
autorizzato soltanto se sono fornite attrezzature che permettano di eseguire il
lavoro in tutta sicurezza.
10. Le scale e
i marciapiedi mobili devono funzionare in piena sicurezza, devono essere muniti
dei necessari dispositivi di sicurezza e devono possedere dispositivi di arresto
di emergenza facilmente identificabili e accessibili.
11. Le banchine
e rampe di carico devono essere adeguate alle dimensioni dei carichi
trasportati.
12. Le banchine
di carico devono disporre di almeno un'uscita. Ove è tecnicamente possibile, le
banchine di carico che superano m. 25,0 di lunghezza devono disporre di
un'uscita a ciascuna estremità.
13. Le rampe di
carico devono offrire una sicurezza tale da evitare che i lavoratori possano
cadere.
13-bis. Le
disposizioni di cui ai commi 10, 11, 12, 13 sono altresì applicabili alle vie
di circolazione principali sul terreno dell'impresa, alle vie di circolazione
che portano a posti di lavoro fissi, alle vie di circolazione utilizzate per la
regolare manutenzione e sorveglianza degli impianti dell'impresa, nonché alle
banchine di carico. (****)
10. L'art. 14
del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303 è sostituito
dal seguente:
Art. 14 (Locali
di riposo)
1. Quando la
sicurezza e la salute dei lavoratori, segnatamente a causa del tipo di attività,
lo richiedono, i lavoratori devono poter disporre di un locale di riposo
facilmente accessibile.
2. La
disposizione di cui al comma 1 non si applica quando il personale lavora in
uffici o in analoghi locali di lavoro che offrono equivalenti possibilità di
riposo durante la pausa.
3. I locali di
riposo devono avere dimensioni sufficienti ed essere dotati di un numero di
tavoli e sedili con schienale in funzione del numero dei lavoratori.
4. Nei locali
di riposo si devono adottare misure adeguate per la protezione dei non fumatori
contro gli inconvenienti del fumo.
5. Quando il
tempo di lavoro è interrotto regolarmente e frequentemente e non esistono
locali di riposo, devono essere messi a disposizione del personale altri locali
affinché questi possa soggiornarvi durante l'interruzione del lavoro nel caso
in cui la sicurezza o la salute dei lavoratori lo esige. In detti locali è
opportuno prevedere misure adeguate per la protezione dei non fumatori contro
gli inconvenienti del fumo.
6. L'organo di
vigilanza può prescrivere che, anche nei lavori continuativi, il datore di
lavoro dia modo ai dipendenti di lavorare stando a sedere ogni qualvolta ciò
non pregiudica la normale esecuzione del lavoro.
7. Le donne
incinte e le madri che allattano devono avere la possibilità di riposarsi in
posizione distesa e in condizioni appropriate.
11. L'art. 40
del Decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303 è sostituito
dal seguente:
Art. 40 (Spogliatoi
e armadi per il vestiario)
1. Locali
appositamente destinati a spogliatoi devono essere messi a disposizione dei
lavoratori quando questi devono indossare indumenti di lavoro specifici e quando
per ragioni di salute o di decenza non si può loro chiedere di cambiarsi in
altri locali.
2. Gli
spogliatoi devono essere distinti fra i due sessi e convenientemente arredati.
Nelle aziende che occupano fino a cinque dipendenti lo spogliatoio può essere
unico per entrambi i sessi; in tal caso i locali a ciò adibiti sono utilizzati
dal personale dei due sessi, secondo opportuni turni prestabiliti e concordati
nell'ambito dell'orario di lavoro. (***)
3. I locali
destinati a spogliatoio devono avere una capacità sufficiente, essere
possibilmente vicini ai locali di lavoro aerati, illuminati, ben difesi dalle
intemperie, riscaldati durante la stagione fredda e muniti di sedili.
4. Gli
spogliatoi devono essere dotati di attrezzature che consentono a ciascun
lavoratore di chiudere a chiave i propri indumenti durante il tempo di lavoro.
5. Qualora i
lavoratori svolgano attività insudicianti, polverose, con sviluppo di fumi o
vapori contenenti in sospensione sostanze untuose o incrostanti, nonché in
quelle dove si usano sostanze venefiche, corrosive o infettanti o comunque
pericolose, gli armadi per gli indumenti da lavoro devono essere separati da
quelli per gli indumenti privati.
6. Qualora non
si applichi il comma 1 ciascun lavoratore deve poter disporre delle attrezzature
di cui al comma 4 per poter riporre i propri indumenti.
12. Gli
articoli 37 e 39 del Decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n.
303 sono sostituiti dai seguenti:
"Art. 37
(Docce)
1. Docce
sufficienti ed appropriate devono essere messe a disposizione dei lavoratori
quando il tipo di attività o la salubrità lo esigono.
2. Devono
essere previsti locali per docce separati per uomini e donne o un'utilizzazione
separata degli stessi. Le docce e gli spogliatoi devono comunque facilmente
comunicare tra loro.
3. I locali
delle docce devono avere dimensioni sufficienti per permettere a ciascun
lavoratore di rivestirsi senza impacci e in condizioni appropriate di igiene.
4. Le docce
devono essere dotate di acqua corrente calda e fredda e di mezzi detergenti e
per asciugarsi.".
"Art. 39
(Gabinetti e lavabi)
1. I lavoratori
devono disporre, in prossimità dei loro posti di lavoro, dei locali di riposo,
degli spogliatoi e delle docce, di gabinetti e di lavabi con acqua corrente
calda, se necessario, e dotati di mezzi detergenti e per asciugarsi.
2. Per uomini e
donne devono essere previsti gabinetti separati; quando ciò sia impossibile a
causa di vincoli urbanistici o architettonici e nelle aziende che occupano
lavoratori di sesso diverso in numero non superiore a 10, è ammessa
un'utilizzazione separata degli stessi.". (***)
13. L'art. 11
del Decreto del Presidente del Repubblica 27 aprile 1955, n. 547 è sostituito
dal seguente:
Art. 11 (Posti
di lavoro e di passaggio e luoghi di lavoro esterni)
1. I posti di
lavoro e di passaggio devono essere idoneamente difesi contro la caduta o
l'investimento di materiali in dipendenza dell'attività lavorativa.
2. Ove non è
possibile la difesa con mezzi tecnici, devono essere adottate altre misure o
cautele adeguate.
3. I posti di
lavoro, le vie di circolazione e altri luoghi o impianti all'aperto utilizzati o
occupati dai lavoratori durante le loro attività devono essere concepiti in
modo tale che la circolazione dei pedoni e dei veicoli può avvenire in modo
sicuro.
4. Le
disposizioni di cui all'articolo 8, commi 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, sono altresì
applicabili alle vie di circolazione principali sul terreno dell'impresa, alle
vie di circolazione che portano a posti di lavoro fissi, alle vie di
circolazione utilizzate per la regolare manutenzione e sorveglianza degli
impianti dell'impresa, nonché alle banchine di carico. (***)
5. Le
disposizioni sulle vie di circolazione e zone di pericolo di cui all'articolo 8,
commi 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, si applicano per analogia ai luoghi di lavoro
esterni. (***)
6. I luoghi di
lavoro all'aperto devono essere opportunamente illuminati con luce artificiale
quando la luce del giorno non è sufficiente.
7. Quando i
lavoratori occupano posti di lavoro all'aperto, questi devono essere
strutturati, per quanto tecnicamente possibile, in modo tale che i lavoratori:
a) sono
protetti contro gli agenti atmosferici e, se necessario, contro la caduta di
oggetti;
b) non sono
esposti a livelli sonori nocivi o ad agenti esterni nocivi, quali gas, vapori,
polveri;
c) possono
abbandonare rapidamente il posto di lavoro in caso di pericolo o possono esser
soccorsi rapidamente;
d) non possano
scivolare o cadere.
14. Le
disposizioni di cui al presente art. entrano in vigore tre mesi dopo la
pubblicazione del presente decreto sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica
italiana.
TITOLO III
USO DELLE ATTREZZATURE DI LAVORO
Art. 34
Definizioni
1. Agli effetti
delle disposizioni di cui al presente titolo si intendono per:
a) attrezzatura
di lavoro: qualsiasi macchina, apparecchio, utensile od impianto destinato ad
essere usato durante il lavoro,
b) uso di
un'attrezzatura di lavoro: qualsiasi operazione lavorativa connessa ad
un'attrezzatura di lavoro quale la messa in servizio o fuori servizio,
l'impiego, il trasporto, la riparazione, la trasformazione, la manutenzione, la
pulizia, lo smontaggio;
c) zona
pericolosa: qualsiasi zona all'interno ovvero in prossimità di un'attrezzatura
di lavoro nella quale la presenza di un lavoratore costituisce un rischio per la
salute o la sicurezza dello stesso.
Art. 35
Obblighi del datore di lavoro
1. Il datore di
lavoro mette a disposizione dei lavoratori attrezzature adeguate al lavoro da
svolgere ovvero adattate a tali scopi e idonee ai fini della sicurezza e della
salute.
2. Il datore di
lavoro attua le misure tecniche ed organizzative adeguate per ridurre al minimo
i rischi connessi all'uso delle attrezzature di lavoro da parte dei lavoratori e
per impedire che dette attrezzature possano essere utilizzate per operazioni e
secondo condizioni per le quali non sono adatte.
3. All'atto
della scelta delle attrezzature di lavoro il datore di lavoro prende in
considerazione:
a) le
condizioni e le caratteristiche specifiche del lavoro da svolgere;
b) i rischi
presenti nell'ambiente di lavoro;
c) i rischi
derivanti dall'impiego delle attrezzature stesse.
4. Il datore di
lavoro prende le misure necessarie affinché le attrezzature di lavoro siano:
a) installate
in conformità alle istruzioni del fabbricante;
b) utilizzate
correttamente;
c) oggetto di
idonea manutenzione al fine di garantire nel tempo la rispondenza ai requisiti
di cui all'art. 36 e siano corredate, ove necessario, da apposite istruzioni
d'uso.
5. Qualora le
attrezzature richiedano per il loro impiego conoscenze o responsabilità
particolari in relazione ai loro rischi specifici, il datore di lavoro si
assicura che:
a) l'uso
dell'attrezzatura di lavoro è riservato a lavoratori all'uopo incaricati;
b) in caso di
riparazione, di trasformazione o manutenzione, il lavoratore interessato è
qualificato in maniera specifica per svolgere tali compiti.
Art. 36
Disposizioni concernenti le attrezzature di lavoro
1. Le
attrezzature di lavoro messe a disposizione dei lavoratori devono soddisfare
alle disposizioni legislative e regolamentari in materia di tutela della
sicurezza e salute dei lavoratori stessi ad esse applicabili.
2. Nulla è
innovato nel regime giuridico che regola le operazioni di verifica periodica
delle attrezzature per le quali tale regime è obbligatoriamente previsto. In
ogni caso le modalità e le procedure tecniche delle relative verifiche seguono
il regime giuridico corrispondente a quello in base al quale l'attrezzatura è
stata costruita e messa in servizio.
3. Il Ministro
del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri dell'industria
del commercio e dell'artigianato e della sanità, sentita la commissione
consultiva permanente, può stabilire modalità e procedure per l'effettuazione
delle verifiche di cui al comma 2.
4. Nell'art. 52
del Decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, dopo il
comma 2, è aggiunto, infine, il seguente comma: Se ciò è appropriato e
funzionale rispetto ai pericoli dell'attrezzatura di lavoro e del tempo di
arresto normale, un'attrezzatura di lavoro deve essere munita di un dispositivo
di arresto di emergenza.
5. Nell'art. 53
del Decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, dopo il
comma 3, è aggiunto, infine, il seguente comma: Qualora i mezzi di cui al
secondo comma svolgano anche la funzione di allarme essi devono essere ben
visibili ovvero comprensibili senza possibilità di errore.
6. Nell'art.
374 del Decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, dopo il
comma 2 è aggiunto, infine, il seguente comma: Ove per le apparecchiature di
cui al comma 2 è fornito il libretto di manutenzione occorre prevedere
l'aggiornamento di questo libretto.
7. Nell'art. 20
del Decreto del Presidente della Repubblica 18 marzo 1956, n, 303, dopo il comma
2 sono aggiunti, infine, i seguenti commi: Un'attrezzatura che presenta pericoli
causati da cadute o da proiezioni di oggetti deve essere munita di dispositivi
appropriati di sicurezza corrispondenti a tali pericoli. Un'attrezzatura di
lavoro che comporta pericoli dovuti ad emanazione di gas, vapori o liquidi
ovvero ad emissioni di polvere, deve essere munita di appropriati dispositivi di
ritenuta ovvero di estrazione vicino alla fonte corrispondente a tali pericoli.
8. Le
disposizioni del presente art. entrano in vigore tre mesi dopo la pubblicazione
del presente decreto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
Art. 37
Informazione
1. Il datore di
lavoro provvede affinché per ogni attrezzatura di lavoro a disposizione, i
lavoratori incaricati dispongano di ogni informazione e di ogni istruzione d'uso
necessaria in rapporto alla sicurezza e relativa:
a) alle
condizioni di impiego delle attrezzature anche sulla base delle conclusioni
eventualmente tratte dalle esperienze acquisite nella fase di utilizzazione
delle attrezzature di lavoro;
b) alle
situazioni anormali prevedibili.
2. Le
informazioni e le istruzioni d'uso devono risultare comprensibili ai lavoratori
interessati.
Art. 38
Formazione ed addestramento
1. Il datore di
lavoro si assicura che:
a) i lavoratori
incaricati di usare le attrezzature di lavoro ricevono una formazione adeguata
sull'uso delle attrezzature di lavoro;
b) i lavoratori
incaricati dell'uso delle attrezzature che richiedono conoscenze e responsabilità
particolari di cui all'art. 35 comma 5 ricevono un addestramento adeguato e
specifico che li metta in grado di usare tali attrezzature in modo idoneo e
sicuro anche in relazione ai rischi causati ad altre persone.
Art. 39
Obblighi dei lavoratori
1. I lavoratori
si sottopongono ai programmi di formazione o di addestramento eventualmente
organizzati dal datore di lavoro.
2. I lavoratori
utilizzano le attrezzature di lavoro messe a loro disposizione conformemente
all'informazione, alla formazione ed all'addestramento ricevuti.
3. I
lavoratori:
a) hanno cura
delle attrezzature di lavoro messe a loro disposizione;
b) non vi
apportano modifiche di propria iniziativa;
c) segnalano
immediatamente al datore di lavoro o al dirigente o al preposto qualsiasi
difetto od inconveniente da essi rilevato nelle attrezzature di lavoro messe a
loro disposizione.
TITOLO IV
USO DEI DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALE
Art. 40
Definizioni
1. Si intende
per dispositivo di protezione individuale (Dpi) qualsiasi attrezzatura destinata
ad essere indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno
o più rischi suscettibili di minacciarne la sicurezza o la salute durante il
lavoro, nonché ogni complemento o accessorio destinato a tale scopo.
2. Non sono
dispositivi di protezione individuale:
a) gli
indumenti di lavoro ordinari e le uniformi non specificamente destinati a
proteggere la sicurezza e la salute del lavoratore;
b) le
attrezzature dei servizi di soccorso e di salvataggio;
c) le
attrezzature di protezione individuale delle forze armate, delle forze di
polizia e del personale del servizio per il mantenimento dell'ordine pubblico;
d) le
attrezzature di protezione individuale proprie dei mezzi di trasporto stradali;
e) i materiali
sportivi;
f) i materiali
per l'autodifesa o per la dissuasione;
g) gli
apparecchi portatili per individuare e segnalare rischi e fattori nocivi.
Art. 41
Obbligo di uso
1. I Dpi devono
essere impiegati quando i rischi non possono essere evitati o sufficientemente
ridotti da misure tecniche di prevenzione, da mezzi di protezione collettiva, da
misure, metodi o procedimenti di riorganizzazione del lavoro.
Art. 42
Requisiti dei Dpi
1. I Dpi devono
essere conformi alle norme di cui al decreto legislativo 4 dicembre 1992 n. 475.
2. I Dpi di cui
al comma 1 devono inoltre:
a) essere
adeguati ai rischi da prevenire, senza comportare di per sé un rischio
maggiore;
b) essere
adeguati alle condizioni esistenti sul luogo di lavoro;
c) tenere conto
delle esigenze ergonomiche o di salute del lavoratore;
d) poter essere
adattati all'utilizzatore secondo le sue necessità.
3. In caso di
rischi multipli che richiedono l'uso simultaneo di più Dpi, questi devono
essere tra loro compatibili e tali da mantenere, anche nell'uso simultaneo, la
propria efficacia nei confronti del rischio e dei rischi corrispondenti.
Art. 43
Obblighi del datore di lavoro
1. Il datore di
lavoro ai fini della scelta dei Dpi:
a) effettua
l'analisi e la valutazione dei rischi che non possono essere evitati con altri
mezzi;
b) individua le
caratteristiche dei Dpi necessarie affinché questi siano adeguati ai rischi di
cui alla lettera a), tenendo conto delle eventuali ulteriori fonti di rischio
rappresentate dagli stessi Dpi;
c) valuta,
sulla base delle informazioni a corredo dei Dpi fornite dal fabbricante e delle
norme d'uso di cui all'art. 45 le caratteristiche dei Dpi disponibili sul
mercato e le raffronta con quelle individuate alla lettera b);
d) aggiorna la
scelta ogni qualvolta intervenga una variazione significativa negli elementi di
valutazione (*).
2. Il datore di
lavoro, anche sulla base delle norme d'uso di cui all'art. 45, individua le
condizioni in cui un Dpi deve essere usato, specie per quanto riguarda la durata
dell'uso, in funzione di:
a) entità del
rischio;
b) frequenza
dell'esposizione al rischio;
c)
caratteristiche del posto di lavoro di ciascun lavoratore;
d) prestazioni
del Dpi.
3. Il datore di
lavoro fornisce ai lavoratori i Dpi conformi ai requisiti previsti dall'art. 42
e dal decreto di cui all'art. 45 comma 2.
4. Il datore di
lavoro:
a) mantiene in
efficienza i Dpi e ne assicura le condizioni d'igiene, mediante la manutenzione,
le riparazioni e le sostituzioni necessarie;
b) provvede a
che i Dpi siano utilizzati soltanto per gli usi previsti, salvo casi specifici
ed eccezionali, conformemente alle informazioni del fabbricante;
c) fornisce
istruzioni comprensibili per i lavoratori;
d) destina ogni
Dpi ad un uso personale e, qualora le circostanze richiedano l'uso di uno stesso
Dpi da parte di più persone, prende misure adeguate affinché tale uso non
ponga alcun problema sanitario e igienico ai vari utilizzatori;
e) informa
preliminarmente il lavoratore dei rischi dai quali il Dpi lo protegge;
f) rende
disponibile nell'azienda ovvero unità produttiva informazioni adeguate su ogni
Dpi;
g) assicura una
formazione adeguata e organizza, se necessario, uno specifico addestramento
circa l'uso corretto e l'utilizzo pratico dei Dpi.
5. In ogni caso
l'addestramento è indispensabile:
a) per ogni Dpi
che, ai sensi del decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 475, appartenga alla
terza categoria;
b) per i
dispositivi di protezione dell'udito.
Art. 44
Obblighi dei lavoratori
1. I lavoratori
si sottopongono al programma di formazione e addestramento organizzato dal
datore di lavoro nei casi ritenuti necessari ai sensi dell'art. 43, commi 4,
lett. g) e 5.
2. I lavoratori
utilizzano i Dpi messi a loro disposizione conformemente all'informazione e alla
formazione ricevute e all'addestramento eventualmente organizzato.
3. I
lavoratori:
a) hanno cura
dei Dpi messi a loro disposizione;
b) non vi
apportano modifiche di propria iniziativa.
4. Al termine
dell'utilizzo i lavoratori seguono le procedure aziendali in materia di
riconsegna dei Dpi.
5. I lavoratori
segnalano immediatamente al datore di lavoro o al dirigente o al preposto
qualsiasi difetto o inconveniente da essi rilevato nei Dpi messi a loro
disposizione.
Art. 45
Criteri per l'individuazione e l'uso
1. Il contenuto
degli allegati III, IV e V costituisce elemento di riferimento per
l'applicazione di quanto previsto all'art. 43 commi 1 e 4.
2. Il Ministro
del lavoro e della previdenza sociale di concerto con il Ministro
dell'industria, del commercio e dell'artigianato, sentita la commissione
consultiva permanente, tenendo conto della natura, dell'attività e dei fattori
specifici di rischio indica:
a) i criteri
per l'individuazione e l'uso dei Dpi;
b) le
circostanze e le situazioni in cui, ferme restando le priorità delle misure di
protezione collettiva, si rende necessario l'impiego dei Dpi.
Art. 46
Norma transitoria
1. Fino alla
data del 31 dicembre 1998 e, nel caso di dispositivi di emergenza destinati all'autosalvataggio
in caso di evacuazione, fino al 31 dicembre 2004 possono essere impiegati:
a) i Dpi
commercializzati ai sensi dell'art. 15, comma 1, del decreto legislativo 4
dicembre 1992, n. 475;
b) i Dpi già
in uso alla data di entrata in vigore del presente decreto prodotti
conformemente alle normative vigenti nazionali o di altri Paesi della Comunità
europea.
TITOLO V
MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI CARICHI
Art. 47
Campo di applicazione
1. Le norme del
presente titolo si applicano alle attività che comportano la movimentazione
manuale dei carichi con i rischi, tra l'altro, di lesioni dorso-lombari per i
lavoratori durante il lavoro.
2. Si intendono
per:
a)
movimentazione manuale dei carichi le operazioni di trasporto o di sostegno di
un carico ad opera di uno o più lavoratori, comprese le azioni del sollevare,
deporre, spingere, tirare, portare o spostare un carico che, per le loro
caratteristiche o in conseguenza delle condizioni ergonomiche sfavorevoli,
comportano tra l'altro rischi di lesioni dorso-lombari;
b) lesioni
dorso-lombari: lesioni a carico delle strutture osteomiotendinee e
nerveovascolari a livello dorso-lombare.
Art. 48
Obblighi dei datori di lavoro
1. Il datore di
lavoro adotta le misure organizzative necessarie o ricorre ai mezzi appropriati,
in particolare attrezzature meccaniche, per evitare la necessità di una
movimentazione manuale dei carichi da parte dei lavoratori.
2. Qualora non
sia possibile evitare la movimentazione manuale dei carichi ad opera dei
lavoratori, il datore di lavoro adotta le misure organizzative necessarie,
ricorre ai mezzi appropriati o fornisce ai lavoratori stessi i mezzi adeguati
allo scopo di ridurre il rischio che comporta la movimentazione manuale di detti
carichi, in base all'allegato VI.
3. Nel caso in
cui la necessità di una movimentazione manuale di un carico ad opera del
lavoratore non può essere evitata, il datore di lavoro organizza i posti di
lavoro in modo che detta movimentazione sia quanto più possibile sicura e sana.
4. Nei casi di
cui al comma 3 il datore di lavoro:
a) valuta, se
possibile, preliminarmente, le condizioni di sicurezza e di salute connesse al
lavoro in questione e tiene conto in particolare delle caratteristiche del
carico, in base all'allegato VI;
b) adotta le
misure atte ad evitare o ridurre tra l'altro i rischi di lesioni dorso-lombari,
tenendo conto in particolare dei fattori individuali di rischio, delle
caratteristiche dell'ambiente di lavoro e delle esigenze che tale attività
comporta, in base all'allegato VI;
c) sottopone
alla sorveglianza sanitaria di cui all'art. 16 gli addetti alle attività di cui
al presente titolo.
Art. 49
Informazione e formazione
1. Il datore di
lavoro fornisce ai lavoratori informazioni, in particolare per quanto riguarda:
a) il peso di
un carico;
b) il centro di
gravità o il lato più pesante nel caso in cui il contenuto di un imballaggio
abbia una collocazione eccentrica;
c) la
movimentazione corretta dei carichi e i rischi che i lavoratori corrono se
queste attività non vengono eseguite in maniera corretta, tenuto degli elementi
di cui all'allegato VI.
2. Il datore di
lavoro assicura ai lavoratori una formazione adeguata in particolare in ordine a
quanto indicato al comma 1.
TITOLO VI
USO DI ATTREZZATURE MUNITE DI VIDEOTERMINALI
Art. 50
Campo di applicazione
1. Le norme del
presente titolo si applicano alle attività lavorative che comportano l'uso di
attrezzature munite di videoterminali.
2. Le norme del
presente titolo non si applicano ai lavoratori addetti (*):
a) ai posti di
guida di veicoli o macchine;
b) ai sistemi
informatici montati a bordo di un mezzo di trasporto;
c) ai sistemi
informatici destinati in modo prioritario all'utilizzazione da parte del
pubblico;
d) ai sistemi
denominati portatili ove non siano oggetto di utilizzazione prolungata in un
posto di lavoro;
e) alle
macchine calcolatrici, ai registratori di cassa e a tutte le attrezzature munite
di un piccolo dispositivo di visualizzazione dei dati o delle misure, necessario
all'uso diretto di tale attrezzatura;
f) alle
macchine di videoscrittura senza schermo separato.
Art. 51
Definizioni
1. Ai fini del
presente titolo si intende per:
a)
videoterminale: uno schermo alfanumerico o grafico a prescindere dal tipo di
procedimento di visualizzazione utilizzato;
b) posto di
lavoro: l'insieme che comprende le attrezzature munite di videoterminale,
eventualmente con tastiera ovvero altro sistema di immissione dati, ovvero
software per l'interfaccia uomo-macchina, gli accessori opzionali, le
apparecchiature connesse, comprendenti l'unità a dischi, il telefono, il modem,
la stampante, il supporto per i documenti, la sedia, il piano di lavoro, nonché
l'ambiente di lavoro immediatamente circostante;
c) lavoratore:
il lavoratore che utilizza una attrezzatura munita di videoterminale in modo
sistematico ed abituale, per almeno quattro ore consecutive giornaliere, dedotte
le interruzioni (*) di cui all'art. 54, per tutta la settimana lavorativa.
Art. 52
Obblighi del datore di lavoro
1. Il datore di
lavoro, all'atto della valutazione del rischio di cui all'art. 4, comma 1,
analizza i posti di lavoro con particolare riguardo:
a) ai rischi
per la vista e per gli occhi;
b) ai problemi
legati alla postura e all'affaticamento fisico o mentale;
c) alle
condizioni ergonomiche e di igiene ambientale.
2. Il datore di
lavoro adotta le misure appropriate per ovviare ai rischi riscontrati in base
alle valutazioni di cui al comma 1, tenendo conto della somma ovvero della
combinazione della incidenza dei rischi riscontrati.
Art. 53
Organizzazione del lavoro
1. Il datore di
lavoro assegna le mansioni e i compiti lavorativi comportanti l'uso dei
video-terminali anche secondo una distribuzione del lavoro che consenta di
evitare il più possibile la ripetitività e la monotonia delle operazioni.
Art. 54
Svolgimento quotidiano del lavoro
1. Il
lavoratore, qualora svolga la sua attività per almeno 4 ore consecutive, ha
diritto a una interruzione della sua attività mediante pause ovvero cambiamento
di attività.
2. Le modalità
di tali interruzioni sono stabilite dalla contrattazione collettiva anche
aziendale.
3. In assenza
di una disposizione contrattuale riguardante l'interruzione di cui al comma 1 il
lavoratore comunque ha diritto a una pausa di quindici minuti ogni centoventi
minuti di applicazione continuativa al videoterminale.
4. Le modalità
e la durata delle interruzioni possono essere stabilite temporaneamente a
livello individuale ove il medico competente ne evidenzi la necessità.
5. E' comunque
esclusa la cumulabilità delle interruzioni all'inizio e al termine dell'orario
di lavoro.
6. Nel computo
dei tempi di interruzione non sono compresi i tempi di attesa della risposta da
parte del sistema elettronico, che sono considerati, a tutti gli effetti, tempo
di lavoro, ove il lavoratore non possa abbandonare il posto di lavoro.
7. La pausa è
considerata a tutti gli effetti parte integrante dell'orario di lavoro e, come
tale, non è riassorbibile all'interno di accordi che prevedono la riduzione
dell'orario complessivo di lavoro.
Art. 55
Sorveglianza sanitaria
1. I
lavoratori, prima di essere addetti alle attività di cui al presente titolo,
sono sottoposti a una visita medica per evidenziare eventuali malformazioni
strutturali e ad un esame degli occhi e della vista effettuati dal medico
competente (*). Qualora l'esito della visita medica ne evidenzi la necessità,
il lavoratore è sottoposto a esami specialistici.
2. In base alle
risultanze degli accertamenti di cui al comma 1 i lavoratori vengono
classificati in:
a) idonei, con
o senza prescrizioni;
b) non idonei.
3. I lavoratori
classificati come idonei con prescrizioni ed i lavoratori che abbiano compiuto
il quarantacinquesimo anno di età sono sottoposti a visita di controllo con
periodicità almeno biennale.
4. Il
lavoratore è sottoposto a controllo oftalmologico a sua richiesta, ogni
qualvolta sospetta di una sopravvenuta alterazione della funzione visiva,
confermata dal medico competente.
5. La spesa
relativa alla dotazione di dispositivi speciali di correzione in funzione
dell'attività svolta è a carico del datore di lavoro.
Art. 56
Informazione e formazione
1. Il datore di
lavoro fornisce ai lavoratori informazioni, in particolare per quanto riguarda:
a) le misure
applicabili al posto di lavoro, in base all'analisi dello stesso di cui all'art.
52;
b) le modalità
di svolgimento dell'attività;
c) la
protezione degli occhi e della vista.
2. Il datore di
lavoro assicura ai lavoratori una formazione adeguata in particolare in ordine a
quanto indicato al comma 1.
3. Il Ministro
del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro della sanità
stabilisce con decreto una guida d'uso dei videoterminali.
Art. 57
Consultazione e partecipazione
1. Il datore di
lavoro informa preventivamente i lavoratori e il rappresentante per la sicurezza
dei cambiamenti tecnologici che comportano mutamenti nell'organizzazione del
lavoro, in riferimento alle attività di cui al presente titolo.
Art. 58
Adeguamento alle norme
1. I posti di
lavoro utilizzati successivamente alla data di entrata in vigore del presente
decreto devono essere conformi alle prescrizioni dell'allegato VII.
2. I posti di
lavoro utilizzati anteriormente alla data di entrata in vigore del presente
decreto devono essere adeguati a quanto prescritto al comma 1 entro il primo
gennaio 1997 (*).
Art. 59
Caratteristiche tecniche
1. Con decreto
dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale, della sanità e
dell'industria, del commercio e dell'artigianato, sentita la commissione
consultiva permanente, sono disposti, anche in recepimento di direttive
comunitarie, gli adattamenti di carattere tecnico all'allegato VII in funzione
del progresso tecnico, della evoluzione delle normative e specifiche
internazionali oppure delle conoscenze nel settore delle attrezzature dotate di
videoterminali.
TITOLO VII
PROTEZIONE DA AGENTI CANCEROGENI
CAPO I
DISPOSIZIONI GENERALI
Art. 60
Campo di applicazione
1. Le norme del
presente titolo si applicano a tutte le attività nelle quali i lavoratori sono
o possono essere esposti ad agenti cancerogeni a causa della loro attività
lavorativa.
2. Le norme del
presente titolo non si applicano alle attività disciplinate dal:
a) decreto del
Presidente della Repubblica 10 settembre 1982 n. 962;
b) decreto
legislativo 25 gennaio 1992, n. 77;
c) decreto
legislativo 15 agosto 1991, n. 277 capo III.
3. Il presente
titolo non si applica ai lavoratori esposti soltanto alle radiazioni previste
dal trattato che istituisce la Comunità europea dell'energia atomica.
Art. 61
Definizioni
1. Agli effetti
del presente decreto si intende per agente cancerogeno:
a) una sostanza
alla quale, nell'Allegato 1 della Direttiva 67/548/Cee, è attribuita la
menzione R 45: "Può provocare il cancro"; o la menzione R 49:
"Può provocare il cancro per inalazione".
b) un preparato
su cui, a norma dell'art. 3, paragrafo 5, lettera j) della Direttiva 88/379/CEE
deve essere apposta l'etichetta con la menzione R 45: "Può provocare il
cancro" o con la menzione R 49: "Può provocare il cancro per
inalazione"; (*)
c) una
sostanza, un preparato o un processo di cui all'Allegato VIII nonché una
sostanza o un preparato prodotti durante un processo previsto all'allegato VIII.
CAPO II
OBBLIGHI DEL DATORE DI LAVORO
Art. 62
Sostituzione e riduzione
1. Il datore di
lavoro evita o riduce l'utilizzazione di un agente cancerogeno sul luogo di
lavoro in particolare sostituendolo, sempre che ciò è tecnicamente possibile,
con una sostanza o un preparato o un procedimento che nelle condizioni in cui
viene utilizzato non è o è meno nocivo alla salute ed eventualmente alla
sicurezza dei lavoratori.
2. Se non è
tecnicamente possibile sostituire l'agente cancerogeno il datore di lavoro
provvede affinché la produzione o l'utilizzazione dell'agente cancerogeno
avvenga in un sistema chiuso sempre che ciò è tecnicamente possibile.
3. Se il
ricorso a un sistema chiuso non è tecnicamente possibile il datore di lavoro
provvede affinché il livello di esposizione dei lavoratori sia ridotto al più
basso valore tecnicamente possibile.
Art. 63
Valutazione del rischio
1. Fatto salvo
quanto previsto all'art. 62, il datore di lavoro effettua una valutazione
dell'esposizione ad agenti cancerogeni, i risultati della quale sono riportati
nel documento di cui all'art. 4, comma 2 (*).
2. Detta
valutazione tiene conto, in particolare, delle caratteristiche delle
lavorazioni, della loro durata e della loro frequenza, dei quantitativi di
agenti cancerogeni prodotti ovvero utilizzati, della loro concentrazione, della
capacità degli stessi di penetrare nell'organismo per le diverse vie di
assorbimento, anche in relazione al loro stato di aggregazione e, qualora allo
stato solido, se in massa compatta o in scaglie o in forma polverulenta e se o
meno contenuti in una matrice solida che ne riduce e ne impedisce la
fuoriuscita.
3. Il datore di
lavoro, in relazione ai risultati della valutazione di cui al comma 1, adotta le
misure preventive e protettive del presente titolo, adattandole alle
particolarità delle situazioni lavorative.
4. Il documento
di cui all'art. 4 commi 2 e 3 è integrato con i seguenti dati:
a) le attività
lavorative che comportano la presenza di sostanze o preparati cancerogeni o di
processi industriali di cui all'allegato VIII, con l'indicazione dei motivi per
i quali sono impiegati agenti cancerogeni;
b) i
quantitativi di sostanze ovvero preparati cancerogeni prodotti ovvero
utilizzati, ovvero presenti come impurità o sottoprodotti;
c) il numero
dei lavoratori esposti ovvero potenzialmente esposti ad agenti cancerogeni;
d)
l'esposizione dei suddetti lavoratori, ove nota e il grado della stessa;
e) le misure
preventive e protettive applicate ed il tipo dei dispositivi di protezione
individuale utilizzati;
f) le indagini
svolte per la possibile sostituzione degli agenti cancerogeni e le sostanze e i
preparati eventualmente utilizzati come sostituti.
5. Il datore di
lavoro effettua nuovamente la valutazione di cui al comma 1 in occasione di
modifiche del processo produttivo significative ai fini della sicurezza e della
salute sul lavoro e in ogni caso trascorsi tre anni dall'ultima valutazione
effettuata.
6. Il
rappresentante per la sicurezza ha accesso anche ai dati di cui al comma 4,
fermo restando l'obbligo di cui all'art. 9 comma 3.
Art. 64
Misure tecniche, organizzative, procedurali
1. Il datore di
lavoro:
a) assicura,
applicando metodi e procedure di lavoro adeguati, che nelle varie operazioni
lavorative sono impiegati quantitativi di agenti cancerogeni non superiori alle
necessità delle lavorazioni e che gli agenti cancerogeni in attesa di impiego,
in forma fisica tale da causare rischio di introduzione, non sono accumulati sul
luogo di lavoro in quantitativi superiori alle necessità predette;
b) limita al
minimo possibile il numero dei lavoratori esposti o che possono essere esposti
ad agenti cancerogeni, anche isolando le lavorazioni in aree predeterminate
provviste di adeguati segnali di avvertimento e di sicurezza, compresi i segnali
vietato fumare, ed accessibili soltanto ai lavoratori che debbono recarvisi per
motivi connessi con la loro mansione o con la loro funzione. In dette aree è
fatto divieto di fumare;
c) progetta,
programma e sorveglia le lavorazioni in modo che non vi è emissione di agenti
cancerogeni nell'aria. Se ciò non è tecnicamente possibile, l'eliminazione
degli agenti cancerogeni deve avvenire il più vicino possibile al punto di
emissione mediante aspirazione localizzata, nel rispetto dell'art. 4, comma 5
lettera n). L'ambiente di lavoro deve comunque essere dotato di un adeguato
sistema di ventilazione generale;
d) provvede
alla misurazione di agenti cancerogeni per verificare l'efficacia delle misure
di cui alla lettera c) e per individuare precocemente le esposizioni anomale
causate da un evento non prevedibile o da un incidente, con metodi di
campionatura e di misurazione conformi alle indicazioni dell'allegato VIII del
decreto legislativo 15 agosto 1991 n. 277;
e) provvede
alla regolare e sistematica pulitura dei locali, delle attrezzature e degli
impianti;
f) elabora
procedure per i casi di emergenza che possono comportare esposizioni elevate;
g) assicura che
gli agenti cancerogeni sono conservati, manipolati, trasportati in condizioni di
sicurezza;
h) assicura che
la raccolta e l'immagazzinamento, ai fini dello smaltimento degli scarti e dei
residui delle lavorazioni contenenti agenti cancerogeni, avvengano in condizioni
di sicurezza, in particolare utilizzando contenitori ermetici etichettati in
modo chiaro, netto, visibile;.
i) dispone, su
conforme parere del medico competente, misure protettive particolari per quelle
categorie di lavoratori per i quali l'esposizione a taluni agenti cancerogeni
presenta rischi particolarmente elevati.
Art. 65
Misure igieniche
1. Il datore di
lavoro:
a) assicura che
i lavoratori dispongano di servizi igienici appropriati e adeguati;
b) dispone che
i lavoratori abbiano in dotazione idonei indumenti protettivi da riporre in
posti separati dagli abiti civili;
c) provvede
affinché i dispositivi di protezione individuale siano custoditi in luoghi
determinati, controllati e puliti dopo ogni utilizzazione, provvedendo altresì
a far riparare o sostituire quelli difettosi, prima di ogni nuova utilizzazione.
2. E' vietato
assumere cibi e bevande o fumare nelle zone di lavoro di cui all'art. 64,
lettera b).
Art. 66
Informazione e formazione
1. Il datore di
lavoro fornisce ai lavoratori sulla base delle conoscenze disponibili,
informazioni e istruzioni, in particolare per quanto riguarda:
a) gli agenti
cancerogeni presenti nei cicli lavorativi, la loro dislocazione, i rischi per la
salute connessi al loro impiego, ivi compresi i rischi supplementari dovuti al
fumare;
b) le
precauzioni da prendere per evitare l'esposizione;
c) le misure
igieniche da osservare;
d) la necessità
di indossare e impiegare indumenti di lavoro e protettivi e dispositivi
individuali di protezione ed il loro corretto impiego;
e) il modo di
prevenire il verificarsi di incidenti e le misure da adottare per ridurre al
minimo le conseguenze.
2. Il datore di
lavoro assicura ai lavoratori una formazione adeguata in particolare in ordine a
quanto indicato al comma 1.
3.
L'informazione e la formazione di cui ai commi 1 e 2 sono fornite prima che i
lavoratori siano adibiti alle attività in questione e vengono ripetute, con
frequenza almeno quinquennale, e comunque ogni qualvolta si verificano nelle
lavorazioni cambiamenti che influiscono sulla natura e sul grado dei rischi.
4. Il datore di
lavoro provvede inoltre affinché gli impianti, i contenitori, gli imballaggi
contenenti agenti cancerogeni siano etichettati in maniera chiaramente leggibile
e comprensibile. I contrassegni utilizzati e le altre indicazioni devono essere
conformi al disposto della legge 29 maggio 1974, n. 256 e successive modifiche e
integrazioni.
Art. 67
Esposizione non prevedibile
1. Se si
verificano eventi non prevedibili o incidenti che possono comportare
un'esposizione anomala dei lavoratori, il datore di lavoro adotta quanto prima
misure appropriate per identificare e rimuovere la causa dell'evento e ne
informa i lavoratori e il rappresentante per la sicurezza.
2. I lavoratori
devono abbandonare immediatamente l'area interessata, cui possono accedere
soltanto gli addetti agli interventi di riparazione e ad altre operazioni
necessarie, indossando idonei indumenti protettivi e dispositivi di protezione
delle vie respiratorie, messi a loro disposizione dal datore di lavoro. In ogni
caso l'uso dei dispositivi di protezione non può essere permanente e la sua
durata, per ogni lavoratore, è limitata al minimo strettamente necessario.
3. Il datore di
lavoro comunica al più presto all'organo di vigilanza il verificarsi degli
eventi di cui al comma 1 e riferisce sulle misure adottate per ridurre al minimo
le conseguenze.
Art. 68
Operazioni lavorative particolari
1. Nel caso di
determinate operazioni lavorative, come quella di manutenzione, per le quali,
nonostante l'adozione di tutte le misure di prevenzione tecnicamente
applicabili, è prevedibile un'esposizione rilevante dei lavoratori addetti, il
datore di lavoro previa consultazione del rappresentante per la sicurezza:
a) dispone che
soltanto tali lavoratori hanno accesso alle suddette aree anche provvedendo, ove
tecnicamente possibile, all'isolamento delle stesse e alla loro identificazione
mediante appositi contrassegni;
b) fornisce ai
lavoratori speciali indumenti e dispositivi di protezione individuale che devono
essere indossati dai lavoratori adibiti alle suddette operazioni.
2. La presenza
nelle aree di cui al comma 1 dei lavoratori addetti è in ogni caso ridotta al
minimo compatibilmente con le necessità delle lavorazioni.
CAPO III
SORVEGLIANZA SANITARIA
Art. 69
Accertamenti sanitari e norme preventive e protettive
specifiche
1. I lavoratori
per i quali la valutazione di cui all'art. 63 ha evidenziato un rischio per la
salute sono sottoposti a sorveglianza sanitaria.
2. Il datore di
lavoro, su conforme parere del medico competente, adotta misure preventive e
protettive per singoli lavoratori sulla base delle risultanze degli esami
clinici e biologici effettuati.
3. Le misure di
cui al comma 2 possono comprendere l'allontanamento del lavoratore secondo le
procedure dell'art. 8 del decreto legislativo 15 agosto 1991 n. 277.
4. Ove gli
accertamenti sanitari abbiano evidenziato, nei lavoratori esposti in modo
analogo a uno stesso agente, l'esistenza di una anomalia imputabile a tale
esposizione, il medico competente ne informa il datore di lavoro.
5. A seguito
dell'informazione di cui al comma 4 il datore di lavoro effettua:
a) una nuova
valutazione del rischio in conformità all'articolo 63;
b) ove sia
tecnicamente possibile, una misurazione della concentrazione dell'agente in aria
per verificare l'efficacia delle misure adottate (*).
6. Il medico
competente fornisce ai lavoratori adeguate informazioni sulla sorveglianza
sanitaria cui sono sottoposti, con particolare riguardo all'opportunità di
sottoporsi ad accertamenti sanitari anche dopo la cessazione dell'attività
lavorativa.
Art. 70
Registro di esposizione e cartelle sanitarie (*)
1. I lavoratori
di cui all'articolo 69 sono iscritti in un registro nel quale è riportata, per
ciascuno di essi, l'attività svolta, l'agente cancerogeno utilizzato e, ove
noto, il valore dell'esposizione a tale agente. Detto registro è istituito ed
aggiornato dal datore di lavoro che ne cura la tenuta per il tramite del medico
competente. Il responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi
e il rappresentante per la sicurezza hanno accesso a detto registro.
Il datore di
lavoro:
a) consegna
copia del registro di cui al comma 1 all'Istituto Superiore per la prevenzione e
sicurezza sul lavoro ed all'organo di vigilanza competente per territorio e
comunica loro ogni 3 anni, e comunque ogni qualvolta i medesimi ne facciano
richiesta, le variazioni intervenute;
b) consegna, a
richiesta, all'Istituto superiore di sanità copia del registro di cui al comma
1;
c) comunica
all'Istituto Superiore per la prevenzione e sicurezza sul lavoro e all'organo di
vigilanza competente per territorio la cessazione del rapporto di lavoro dei
lavoratori di cui all'articolo 69, con le eventuali variazioni sopravvenute
dall'ultima comunicazione delle relative annotazioni individuali contenute nel
registro di cui al comma 1. Consegna all'Istituto Superiore per la prevenzione e
sicurezza sul lavoro le relative cartelle sanitarie e di rischio;
d) in caso di
cessazione di attività dell'azienda, consegna il registro di cui al comma 1
all'Istituto Superiore per la prevenzione e sicurezza sul lavoro copia dello
stesso all'organo di vigilanza competente per territorio. Consegna all'Istituto
Superiore per la prevenzione e sicurezza sul lavoro le cartelle sanitarie e di
rischio;
e) in caso di
assunzione di lavoratori che hanno in precedenza esercitato attività con
esposizione al medesimo agente, richiede all'Istituto Superiore per la
prevenzione e sicurezza sul lavoro copia delle annotazioni individuali contenute
nel registro di cui al comma 1, nonché copia della cartella sanitaria e di
rischio;
f) tramite il
medico competente comunica ai lavoratori interessati le relative annotazioni
individuali contenute nel registro di cui al comma 1 e nella cartella sanitaria
e di rischio ed al rappresentante per la sicurezza i dati collettivi anonimi
contenuti nel registro di cui al comma 1.
3. Le
annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1 e le cartelle
sanitarie e di rischio sono conservate dal datore di lavoro almeno fino a
risoluzione del rapporto di lavoro e dall'Istituto Superiore per la prevenzione
e la sicurezza sul lavoro fino a quaranta anni dalla cessazione di ogni attività
che espone ad agenti cancerogeni.
4. La
documentazione di cui ai commi 1, 2 e 3 è custodita e trasmessa con
salvaguardia del segreto professionale.
5. I modelli e
le modalità di tenuta del registro di cui al comma 1 e delle cartelle sanitarie
e di rischio sono determinati con decreto del Ministro della sanità di concerto
con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentita la commissione
consultiva permanente.
6. L'Istituto
Superiore per la prevenzione e sicurezza trasmette annualmente al Ministero
della sanità dati di sintesi relativi alle risultanze dei requisiti di cui al
comma 1.".
Art. 71
Registrazione dei tumori
1. I medici, le
strutture sanitarie pubbliche e private, nonché gli istituti previdenziali
assicurativi pubblici o privati, che refertano casi di neoplasie da loro
ritenute causate da esposizione lavorativa ad agenti cancerogeni, trasmettono
all'Ispesl copia della relativa documentazione clinica ovvero anatomopatologica
e quella inerente l'anamnesi lavorativa.
2. Presso l'Ispesl
è tenuto, ai fini di analisi aggregate, un archivio nominativo dei casi di
neoplasia di cui al comma 1.
3. Con decreto
dei Ministri della sanità e del lavoro e della previdenza sociale, sentita la
commissione consultiva permanente, sono determinate le caratteristiche dei
sistemi informativi che, in funzione del tipo di neoplasia accertata, ne
stabiliscono la raccolta, l'acquisizione, l'elaborazione e l'archiviazione,
nonché le modalità di registrazione di cui al comma 2, e le modalità di
trasmissione di cui al comma 1.
4. Il Ministero
della sanità fornisce, su richiesta, alla commissione CE, informazioni sulle
utilizzazioni dei dati del registro di cui al comma 1.
Art. 72
Adeguamenti normativi
1. Nelle
attività con uso di sostanze o preparati ai quali è attribuita dalla direttiva
comunitaria la menzione R 45 può provocare il cancro o la menzione R 49 può
provocare il cancro per inalazione, il datore di lavoro applica le norme del
presente titolo.
2. Con decreto
dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della sanità, sentita la
commissione consultiva permanente e la commissione tossicologica nazionale, è
aggiornato periodicamente l'elenco delle sostanze e dei processi di cui
all'allegato VIII in funzione del progresso tecnico, dell'evoluzione di
normative e specifiche internazionali e delle conoscenze nel settore degli
agenti cancerogeni.
TITOLO VIII
PROTEZIONE DA AGENTI BIOLOGICI
CAPO I
Art. 73
Campo di applicazione
1. Le norme del
presente titolo si applicano a tutte le attività lavorative nelle quali vi è
rischio di esposizione ad agenti biologici.
2. Restano
ferme le disposizioni particolari di recepimento delle norme comunitarie
sull'impiego confinato di microrganismi geneticamente modificati e
sull'emissione deliberata nell'ambiente di organismi geneticamente modificati.
Il comma 1 dell'articolo 7 del decreto legislativo 3 marzo 1993, n. 91 è
soppresso (*).
Art. 74
Definizioni
1. Ai sensi del
presente titolo si intende per:
a) agente
biologico: qualsiasi microrganismo anche se geneticamente modificato, coltura
cellulare ed endoparassita umano che potrebbe provocare infezioni, allergie o
intossicazioni;
b)
microrganismo: qualsiasi entità microbiologica, cellulare o meno, in grado di
riprodursi o trasferire materiale genetico;
c) coltura
cellulare: il risultato della crescita in vitro di cellule derivate da organismi
pluricellulari.
Art. 75
Classificazione degli agenti biologici
1. Gli agenti
biologici sono ripartiti nei seguenti quattro gruppi a seconda del rischio di
infezione:
a) agente
biologico del gruppo 1: un agente che presenta poche probabilità di causare
malattie in soggetti umani;
b) agente
biologico del gruppo 2: un agente che può causare malattie in soggetti umani e
costituire un rischio per i lavoratori; è poco probabile che si propaga nella
comunità; sono di norma disponibili efficaci misure profilattiche o
terapeutiche;
c) agente
biologico del gruppo 3: un agente che può causare malattie gravi in soggetti
umani e costituisce un serio rischio per i lavoratori; l'agente biologico può
propagarsi nella comunità, ma di norma sono disponibili efficaci misure
profilattiche o terapeutiche;
d) agente
biologico del gruppo quarto: un agente biologico che può provocare malattie
gravi in soggetti umani e costituisce un serio rischio per i lavoratori e può
presentare un elevato rischio di propagazione nella comunità; non sono
disponibili, di norma efficaci misure profilattiche o terapeutiche.
2. Nel caso in
cui l'agente biologico oggetto di classificazione non può essere attribuito in
modo inequivocabile ad uno fra i due gruppi sopraindicati, esso va classificato
nel gruppo di rischio più elevato tra le due possibilità.
3. L'allegato
XI riporta l'elenco degli agenti biologici classificati nei gruppi 2, 3 e 4.
Art. 76
Comunicazione
1. Il datore di
lavoro che intende esercitare attività che comportano uso di agenti biologici
dei gruppi 2 o 3, comunica all'organo di vigilanza territorialmente competente
le seguenti informazioni, almeno trenta giorni prima dell'inizio dei lavori:
a) il nome e
l'indirizzo dell'azienda e il suo titolare;
b) il documento
di cui all'art. 78, comma 5.
2. Il datore di
lavoro che è stato autorizzato all'esercizio di attività che comporta
l'utilizzazione di un agente biologico del gruppo 4 è tenuto alla comunicazione
di cui al comma 1.
3. Il datore di
lavoro invia una nuova comunicazione ogni qualvolta si verificano nelle
lavorazioni mutamenti che comportano una variazione significativa del rischio
per la salute sul posto di lavoro, o, comunque, ogni qualvolta si intende
utilizzare un nuovo agente classificato dal datore di lavoro in via provvisoria.
4. Il
rappresentante per la sicurezza ha accesso alle informazioni di cui al comma 1.
5. Ove le
attività di cui al comma 1 comportano la presenza di microorganismi
geneticamente modificati appartenenti al gruppo II, come definito all'art. 4 del
decreto legislativo 3 marzo 1993, n. 91, il documento di cui al comma 1, lettera
b), è sostituito da copia della documentazione prevista per i singoli casi di
specie dal predetto decreto.
6. I laboratori
che forniscono un servizio diagnostico sono tenuti alla comunicazione di cui al
comma 1 anche per quanto riguarda gli agenti biologici del gruppo 4.
Art. 77
Autorizzazione
1. Il datore di
lavoro che intende utilizzare, nell'esercizio della propria attività, un agente
biologico del gruppo 4 deve munirsi di autorizzazione del Ministero della sanità.
2. La richiesta
di autorizzazione è corredata da:
a) le
informazioni di cui all'art. 76, comma 1;
b) l'elenco
degli agenti che si intende utilizzare.
3.
L'autorizzazione è rilasciata dal Ministero della sanità sentito il parere
dell'Istituto superiore di sanità. Essa ha la durata di 5 anni ed è
rinnovabile. L'accertamento del venir meno di una delle condizioni previste per
l'autorizzazione ne comporta la revoca.
4. Il datore di
lavoro in possesso dell'autorizzazione di cui al comma 1 informa il Ministero
della sanità di ogni nuovo agente biologico del gruppo 4 utilizzato, nonché di
ogni avvenuta cessazione di impiego di un agente biologico del gruppo 4.
5. I laboratori
che forniscono un servizio diagnostico sono esentati dagli adempimenti di cui al
comma 4.
6. Il Ministero
della sanità comunica all'organo di vigilanza competente per territorio le
autorizzazioni concesse e le variazioni sopravvenute nell'utilizzazione di
agenti biologici del gruppo 4. Il Ministero della sanità istituisce ed aggiorna
un elenco di tutti gli agenti biologici del gruppo 4 dei quali è stata
comunicata l'utilizzazione sulla base delle previsioni di cui ai commi 1 e 4.
CAPO II
OBBLIGHI DEI DATORI DI LAVORO
Art. 78
Valutazione del rischio
1. Il datore di
lavoro, nella valutazione del rischio di cui all'art. 4, comma 1, tiene conto di
tutte le informazioni disponibili relative alle caratteristiche dell'agente
biologico e delle modalità lavorative, ed in particolare:
a) della
classificazione degli agenti biologici che presentano o possono presentare un
pericolo per la salute umana quale risultante dall'allegato XI, o, in assenza,
di quella effettuata dal datore di lavoro stesso sulla base delle conoscenze
disponibili e seguendo i criteri di cui all'art. 75, commi 1 e 2;
b)
dell'informazione sulle malattie che possono essere contratte;
c) dei
potenziali effetti allergici e tossici;
d) della
conoscenza di una patologia della quale è affetto un lavoratore, che è da
porre in correlazione diretta all'attività lavorativa svolta;
e) delle
eventuali ulteriori situazioni rese note dall'autorità sanitaria competente che
possono influire sul rischio;
f) del
sinergismo dei diversi gruppi di agenti biologici utilizzati.
2. Il datore di
lavoro applica i principi di buona prassi microbiologica, ed adotta, in
relazione ai rischi accertati, le misure protettive e preventive di cui al
presente titolo, adattandole alle particolarità delle situazioni lavorative
(*).
3. Il datore di
lavoro effettua nuovamente la valutazione di cui al comma 1 in occasione di
modifiche dell'attività lavorativa significative ai fini della sicurezza e
della salute sul lavoro e, in ogni caso, trascorsi tre anni dall'ultima
valutazione effettuata.
4. Nelle
attività, quali quelle riportate a titolo esemplificativo nell'allegato IX,
che, pur non comportando la deliberata intenzione di operare con agenti
biologici, possono implicare il rischio di esposizioni dei lavoratori agli
stessi, il datore di lavoro può prescindere dall'applicazione delle
disposizioni di cui agli articoli 80, 81, commi 1 e 2, 82, comma 3, e 86,
qualora i risultati della valutazione dimostrano che l'attuazione di tali misure
non è necessaria.
5. Il documento
di cui all'art. 4, commi 2 e 3, è integrato dai seguenti dati:
a) le fasi del
procedimento lavorativo che comportano il rischio di esposizione ad agenti
biologici;
b) il numero
dei lavoratori addetti alle fasi di cui alla lettera a);
c) le generalità
del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi;
d) i metodi e
le procedure lavorative adottate, nonché le misure preventive e protettive
applicate;
e) il programma
di emergenza per la protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione ad
un agente biologico del gruppo 3 o del gruppo 4, nel caso di un difetto nel
contenimento fisico.
6. Il
rappresentante per la sicurezza è consultato prima dell'effettuazione della
valutazione di cui al comma 1 e ha accesso anche ai dati di cui al comma 5.
Art. 79
Misure tecniche, organizzative, procedurali
1. In tutte le
attività per le quali la valutazione di cui all'art. 78 evidenzi rischi per la
salute dei lavoratori il datore di lavoro attua misure tecniche, organizzative e
procedurali, per evitare ogni esposizione degli stessi ad agenti biologici.
2. In
particolare, il datore di lavoro:
a) evita
l'utilizzazione di agenti biologici nocivi, se il tipo di attività lavorativa
lo consente;
b) limita al
minimo i lavoratori esposti, o potenzialmente esposti, al rischio di agenti
biologici;
c) progetta
adeguatamente i processi lavorativi;
d) adotta
misure collettive di protezione ovvero misure di protezione individuali qualora
non sia possibile evitare altrimenti l'esposizione;
e) adotta
misure igieniche per prevenire e ridurre al minimo la propagazione accidentale
di un agente biologico fuori dal luogo di lavoro;
f) usa il
segnale di rischio biologico, rappresentato nell'allegato X, e altri segnali di
avvertimento appropriati;
g) elabora
idonee procedure per prelevare, manipolare e trattare campioni di origine umana
e animale;
h) definisce
procedure di emergenza per affrontare incidenti;
i) verifica la
presenza di agenti biologici sul luogo di lavoro al di fuori del contenimento
fisico primario, se necessario o tecnicamente realizzabile;
l) predispone i
mezzi necessari per la raccolta, l'immagazzinamento e lo smaltimento dei rifiuti
in condizioni di sicurezza, mediante l'impiego di contenitori adeguati e
identificabili eventualmente dopo idoneo trattamento dei rifiuti stessi;
m) concorda
procedure per la manipolazione e il trasporto in condizioni di sicurezza di
agenti biologici all'interno del luogo di lavoro.
Art. 80
Misure igieniche
1. In tutte le
attività nelle quali la valutazione di cui all'art. 78 evidenzia rischi per la
salute dei lavoratori, il datore di lavoro assicura che:
a) i lavoratori
dispongano dei servizi sanitari adeguati provvisti di docce con acqua calda e
fredda, nonché, se del caso, di lavaggi oculari e antisettici per la pelle;
b) i lavoratori
abbiano in dotazione indumenti protettivi o altri indumenti idonei, da riporre
in posti separati dagli abiti civili;
c) i
dispositivi di protezione individuale siano controllati, disinfettati e puliti
dopo ogni utilizzazione, provvedendo altresì a far riparare o sostituire quelli
difettosi prima dell'utilizzazione successiva;
d) gli
indumenti di lavoro e protettivi che possono essere contaminati da agenti
biologici vengano tolti quando il lavoratore lascia la zona di lavoro,
conservati separatamente dagli altri indumenti, disinfettati, puliti e, se
necessario, distrutti.
2. E' vietato
assumere cibi o bevande e fumare nelle aree di lavoro in cui c'è il rischio di
esposizione.
Art. 81
Misure specifiche per le strutture sanitarie e veterinarie
1. Il datore di
lavoro, nelle strutture sanitarie e veterinarie, in sede di valutazione dei
rischi, presta particolare attenzione alla possibile presenza di agenti
biologici nell'organismo dei pazienti o degli animali e nei relativi campioni e
residui e al rischio che tale presenza comporta in relazione al tipo di attività
svolta.
2. In relazione
ai risultati della valutazione, il datore di lavoro definisce e provvede a che
siano applicate procedure che consentono di manipolare, decontaminare ed
eliminare senza rischi per l'operatore e per la comunità, i materiali e i
rifiuti contaminati.
3. Nei servizi
di isolamento che ospitano pazienti o animali che sono, o che potrebbero essere,
contaminati da agenti biologici del gruppo 3 o del gruppo 4, le misure di
contenimento da attuare per ridurre al minimo il rischio di infezione sono
indicate nell'allegato XII.
Art. 82
Misure specifiche per i laboratori e gli stabulari
1. Fatto salvo
quanto specificatamente previsto all'allegato XI, punto 6 nei laboratori
comportanti l'uso di agenti biologici dei gruppi 2, 3 o 4 ai fini di ricerca,
didattici o diagnostici, e nei locali destinati ad animali da laboratorio
deliberatamente contaminati con tali agenti, il datore di lavoro adotta idonee
misure di contenimento in conformità all'allegato XII.
2. Il datore di
lavoro assicura che l'uso di agenti biologici sia eseguito:
a) in aree di
lavoro corrispondenti almeno al secondo livello di contenimento, se l'agente
appartiene al gruppo 2;
b) in aree di
lavoro corrispondenti almeno al terzo livello di contenimento, se l'agente
appartiene al gruppo 3;
c) in aree di
lavoro corrispondenti almeno al quarto livello di contenimento, se l'agente
appartiene al gruppo 4.
3. Nei
laboratori comportanti l'uso di materiali con possibile contaminazione da agenti
biologici patogeni per l'uomo e nei locali destinati ad animali da esperimento,
possibili portatori di tali agenti, il datore di lavoro adotta misure
corrispondenti almeno a quelle del secondo livello di contenimento.
4. Nei luoghi
di cui ai commi 1 e 3 in cui si fa uso di agenti biologici non ancora
classificati, ma il cui uso può far sorgere un rischio grave per la salute dei
lavoratori, il datore di lavoro adotta misure corrispondenti almeno a quelle del
terzo livello di contenimento.
5. Per i luoghi
di lavoro di cui ai commi 3 e 4, il Ministero della sanità, sentito l'Istituto
superiore di sanità, può individuare misure di contenimento più elevate.
Art. 83
Misure specifiche per i processi industriali
1. Fatto salvo
quanto specificatamente previsto all'allegato XI, punto 6, nei processi
industriali comportanti l'uso di agenti biologici dei gruppi 2, 3 e 4, il datore
di lavoro adotta misure opportunamente scelte tra quelle elencate nell'allegato
XIII, tenendo anche conto dei criteri di cui all'art. 82, comma 2.
2. Nel caso di
agenti biologici non ancora classificati, il cui uso può far sorgere un rischio
grave per la salute dei lavoratori, il datore di lavoro adotta misure
corrispondenti almeno a quelle del terzo livello di contenimento.
Art. 84
Misure di emergenza
1. Se si
verificano incidenti che possano provocare la dispersione nell'ambiente di un
agente biologico appartenente ai gruppi 2, 3 o 4, i lavoratori devono
abbandonare immediatamente la zona interessata, cui possono accedere soltanto
quelli addetti ai necessari interventi, con l'obbligo di usare gli idonei mezzi
di protezione.
2. Il datore di
lavoro informa al più presto l'organo di vigilanza territorialmente competente,
nonché i lavoratori e il rappresentante per la sicurezza, dell'evento, delle
cause che lo hanno determinato e delle misure che intende adottare, o che ha già
adottato, per porre rimedio alla situazione creatasi.
3. I lavoratori
segnalano immediatamente al datore di lavoro o al dirigente o al preposto,
qualsiasi infortunio o incidente relativo all'uso di agenti biologici.
Art. 85
Informazioni e formazione
1. Nelle
attività per le quali la valutazione di cui all'art. 78 evidenzia rischi per la
salute dei lavoratori, il datore di lavoro fornisce ai lavoratori, sulla base
delle conoscenze disponibili, informazioni ed istruzioni, in particolare per
quanto riguarda:
a) i rischi per
la salute dovuti agli agenti biologici utilizzati;
b) le
precauzioni da prendere per evitare l'esposizione;
c) le misure
igieniche da osservare;
d) la funzione
degli indumenti di lavoro e protettivi e dei dispositivi di protezione
individuale e il loro corretto impiego;
e) le procedure
da seguire per la manipolazione di agenti biologici del gruppo 4;
f) il modo di
prevenire il verificarsi di infortuni e le misure da adottare per ridurne al
minimo le conseguenze.
2. Il datore di
lavoro assicura ai lavoratori una formazione adeguata in particolare in ordine a
quanto indicato al comma 1.
3.
L'informazione e la formazione di cui ai commi 1 e 2 sono fornite prima che i
lavoratori siano adibiti alle attività in questione e ripetute con frequenza
almeno quinquennale e comunque ogni qualvolta si verificano nelle lavorazioni
cambiamenti che influiscano sulla natura e sul grado dei rischi.
4. Nel luogo di
lavoro sono apposti in posizione ben visibile cartelli su cui sono riportate le
procedure da seguire in caso di infortunio od incidente.
CAPO III
SORVEGLIANZA SANITARIA
Art. 86
Prevenzione e controllo
1. I lavoratori
addetti alle attività per le quali la valutazione dei rischi ha evidenziato un
rischio per la salute sono sottoposti alla sorveglianza sanitaria.
2. Il datore di
lavoro, su conforme parere del medico competente, adotta misure protettive
particolari per quei lavoratori per i quali, anche per motivi sanitari
individuali si richiedono misure speciali di protezione, fra le quali:
a) la messa a
disposizione di vaccini efficaci per quei lavoratori che non sono già immuni
all'agente biologico presente nella lavorazione, da somministrare a cura del
medico competente;
b)
l'allontanamento temporaneo del lavoratore secondo le procedure dell'art. 8 del
decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277.
2-bis. Ove gli
accertamenti sanitari abbiano evidenziato, nei lavoratori esposti in modo
analogo ad uno stesso agente, l'esistenza di anomalia imputabile a tale
esposizione, il medico competente ne informa il datore di lavoro (*).
2-ter. A
seguito dell'informazione di cui al comma 3 il datore di lavoro effettua una
nuova valutazione del rischio in conformità all'articolo 78 (*).
2-quater. Il
medico competente fornisce ai lavoratori adeguate informazioni sul controllo
sanitario cui sono sottoposti e sulla necessità di sottoporsi ad accertamenti
sanitari anche dopo la cessazione dell'attività che comporta rischio di
esposizione a particolari agenti biologici individuati nell'allegato XI nonché
sui vantaggi ed inconvenienti della vaccinazione e della non vaccinazione (*).
Art. 87
Registri degli esposti e degli eventi accidentali
1. I lavoratori
addetti ad attività comportanti uso di agenti del gruppo 3 ovvero 4 sono
iscritti in un registro in cui sono riportati, per ciascuno di essi, l'attività
svolta, l'agente utilizzato e gli eventuali casi di esposizione individuale.
2. Il datore di
lavoro istituisce ed aggiorna il registro di cui al comma 1 e ne cura la tenuta
tramite il medico competente. Il responsabile del servizio di prevenzione e
protezione e il rappresentante per la sicurezza hanno accesso a detto registro.
3. Il datore di
lavoro (*):
a) consegna
copia del registro di cui al comma 1 all'Istituto superiore di sanità,
all'Istituto superiore per la prevenzione e sicurezza sul lavoro e all'organo di
vigilanza competente per territorio, comunicando ad essi, ogni tre anni e
comunque ogni qualvolta questi ne fanno richiesta, le variazioni intervenute;
b) comunica
all'Istituto Superiore per la prevenzione e sicurezza sul lavoro e all'organo di
vigilanza competente per territorio la cessazione del rapporto di lavoro dei
lavoratori di cui al comma 1 fornendo al contempo l'aggiornamento dei dati che
li riguardano e consegna al medesimo Istituto le relative cartelle sanitarie e
di rischio;
c) in caso di
cessazione di attività dell'azienda, consegna all'Istituto superiore di sanità
e all'organo di vigilanza competente per territorio, copia del registro di cui
al comma 1 ed all'Istituto Superiore per la prevenzione e sicurezza sul lavoro
copia del medesimo registro nonché le cartelle sanitarie e di rischio;
d) in caso di
assunzione di lavoratori che hanno esercitato attività che comporta rischio di
esposizione allo stesso agente richiede all'Ispesl copia delle annotazioni
individuali contenute nel registro di cui al comma 1, nonché copia della
cartella sanitaria e di rischio (*);
e) tramite il
medico competente comunica ai lavoratori interessati le relative annotazioni
individuali contenute nel registro di cui al comma 1 e nella cartella sanitaria
e di rischio, e al rappresentante per la sicurezza i dati collettivi anonimi
contenuti nel registro di cui al comma 1.
4. Le
annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1 e le cartelle
sanitarie e di rischio, sono conservate dal datore di lavoro fino a risoluzione
del rapporto di lavoro e dall'Ispesl fino a dieci anni dalla cessazione di ogni
attività che espone ad agenti biologici. Nel caso di agenti per i quali è noto
che possono provocare infezioni consistenti o latenti o che danno luogo a
malattie con recrudescenza periodica per lungo tempo o che possono avere gravi
sequele a lungo termine tale periodo è di quaranta anni.
5. La
documentazione di cui ai precedenti commi è custodita e trasmessa con
salvaguardia del segreto professionale.
6. I modelli e
le modalità di tenuta del registro di cui al comma 1 e delle cartelle sanitarie
e di rischio sono determinati con decreto del Ministro della sanità e del
lavoro e della previdenza sociale sentita la commissione consultiva permanente
(**).
7. L'Ispesl
trasmette annualmente al Ministero della sanità dati di sintesi relativi alle
risultanze del registro di cui al comma 1.
Art. 88
Registro dei casi di malattia e di decesso
1. Presso
l'Ispesl è tenuto un registro dei casi di malattia ovvero di decesso dovuti
all'esposizione ad agenti biologici.
2. I medici
nonché le strutture sanitarie, pubbliche o private, che refertano i casi di
malattia, ovvero il decesso di cui al comma 1, trasmettono all'Ispesl copia
della relativa documentazione clinica.
3. Con decreto
dei Ministri della sanità e del lavoro e della previdenza sociale, sentita la
commissione consultiva, sono determinati il modello e le modalità di tenuta del
registro di cui al comma 1, nonché le modalità di trasmissione della
documentazione di cui al comma 2.
4. Il Ministero
della sanità fornisce alla commissione CE, su richiesta, informazioni
sull'utilizzazione dei dati del registro di cui al comma 1.
TITOLO IX
SANZIONI
Art. 89
Contravvenzioni commesse dai datori di lavoro e dai dirigenti
(*)
1. Il datore di
lavoro è punito con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da lire tre
milioni a otto milioni per la violazione degli articoli 4 commi 2, 4 lettera a),
6, 7 e 11, primo periodo; 63 commi 1, 4 e 5; 69 comma 5 lettera a); 78 commi 3 e
5; 86 comma 2- ter.
2. Il datore di
lavoro ed il dirigente sono puniti:
a) con
l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da lire tre milioni a lire otto
milioni per la violazione degli articoli 4 comma 5 lettere b), d), e), h), l),
n) e q); 7 comma 2; 12 commi 1 lettere d) ed e) e 4; 15 comma 1; 22 commi da 1 a
5; 30 commi 3, 4, 5 e 6; 31 commi 3 e 4; 32; 35 commi 1, 2, 4 e 5; 38; 41; 43
commi 3, 4 lettere a), b), d) e g) e 5; 48; 49 comma 2; 52 comma 2; 54; 55 commi
1, 3 e 4; 56 comma 2; 58; 62; 63 comma 3; 64; 65 comma 1; 66 comma 2; 67 commi 1
e 2; 68; 69 commi 1, 2 e 5 lettera b); 77 comma 1; 78 comma 2; 79; 80 comma 1;
81 commi 2 e 3; 82; 83; 85 comma 2; 86 commi 1 e 2;
b) con
l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da lire un milione a lire cinque
milioni per la violazione degli articoli 4 commi 4 lettere b) e c), 5 lettere
c), f), g), i), m) e p); 7 commi 1 e 3; 9 comma 2; 10; 12 comma 1 lettere a), b)
e c); 21; 37; 43 comma 4 lettere c), e) ed f); 49 comma 1; 56 comma 1; 57; 66
commi 1 e 4; 67 comma 3; 70 comma 1; 76 commi 1, 2 e 3; 77 comma 4; 84 comma 2;
85 commi 1 e 4; 87 commi 1 e 2.
3. Il datore di
lavoro ed il dirigente sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da
lire un milione a lire sei milioni per la violazione degli articoli 4 commi 5
lettera o) e 8; 8 comma 11; 11; 70 commi 2 e 3; 87 commi 3 e 4.
Art. 90
Contravvenzioni commesse dai preposti (*)
1. I preposti
sono puniti:
a) con
l'arresto sino a due mesi o con l'ammenda da lire cinquecentomila a lire due
milioni per la violazione degli articoli 4 comma 5 lettere b), d), e), h), l),
n), q); 7 comma 2; 12 commi 1 lettere d), e) e 4; 15 comma 1; 30 commi 3, 4, 5 e
6; 31 commi 3 e 4; 32; 35 commi 1, 2, 4 e 5; 41; 43 commi 3, 4 lettere a), b),
d); 48; 52 comma 2; 54; 55 commi 1, 3 e 4; 58; 62; 63 comma 3; 64; 65 comma 1;
67 commi 1 e 2; 68; 69 commi 1 e 2; 78 comma 2; 79; 80 comma 1; 81 commi 2 e 3;
82; 83; 86 commi 1 e 2;
b) con
l'arresto sino ad un mese o con l'ammenda da lire trecentomila a lire un milione
per la violazione degli articoli 4 comma 5 lettere c), f), g), i), m); 7 commi 1
lettera b) e 3; 9 comma 2; 12 comma 1 lettere a), c); 21; 37; 43 comma 4 lettere
c), e), f); 49 comma 1; 56 comma 1; 57; 66 commi 1 e 4; 85 commi 1 e 4.
Art. 91
Contravvenzioni commesse dai progettisti, dai fabbricanti e
dagli installatori (*)
1. La
violazione dell'art. 6, comma 2 è punita con l'arresto fino a sei mesi o con
l'ammenda da lire quindici milioni a lire sessanta milioni.
2. La
violazione dell'art. 6, commi 1 e 3 è punita con l'arresto fino ad un mese o
con l'ammenda da lire seicentomila a lire due milioni.
Art. 92
Contravvenzioni commesse dal medico competente
1. Il medico
competente è punito:
a) con
l'arresto fino a due mesi o con l'ammenda da lire un milione a lire sei milioni
per la violazione degli articoli 17, comma 1 lettere b), d), h) e l); 69; comma
4; 86, comma 2 bis (*);
b) con
l'arresto fino a un mese o con l'ammenda da lire cinquecentomila a lire tre
milioni per la violazione degli articoli 17, comma 1 lettere e), f), g) e i)
nonché del comma 3 (*).
Art. 93
Contravvenzioni commesse dai lavoratori
1. I lavoratori
sono puniti:
a) con
l'arresto fino ad un mese o con l'ammenda da lire quattrocentomila a lire un
milione e duecentomila per la violazione degli articoli: 5, comma 2, 12, comma
3, primo periodo; 39, 44, 84, commi 1 e 3 (*);
b) con
l'arresto fino a quindici giorni o con l'ammenda da lire duecentomila a lire
seicentomila per la violazione degli articoli 67, comma 2; 84, comma 1.
Art. 94
Violazioni amministrative
1. Chiunque
viola le disposizioni di cui agli articoli 65, comma 2 e 80, comma 2 è punito
con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire centomila a lire trecentomila.
TITOLO X
DISAPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI
Art. 95
Norma transitoria
1. In sede di
prima applicazione del presente decreto e comunque non oltre il 31.12.1996 il
datore di lavoro che intende svolgere direttamente i compiti di prevenzione e
protezione dai rischi è esonerato dalla frequenza del corso di formazione di
cui al comma 2 dell'art. 10, ferma restando l'osservanza degli adempimenti
previsti dal predetto art. 10, comma 2, lettere a), b) e c).
Art. 96 bis
Attuazione degli obblighi
1. Il datore di
lavoro che intraprende un'attività lavorativa di cui all'articolo 1 è tenuto a
elaborare il documento di cui all'articolo 4 comma 2 del presente decreto entro
tre mesi dall'effettivo inizio dell'attività.
Art. 97
Obblighi d'informazione
1. Il Ministero
del lavoro e della previdenza sociale trasmette alla commissione:
a) il testo
delle disposizioni di diritto interno adottate nel settore della sicurezza e
della salute dei lavoratori durante il lavoro;
b) ogni cinque
anni, una relazione sull'attuazione pratica delle disposizioni dei titoli I, II,
III e IV;
c) ogni quattro
anni, una relazione sull'attuazione pratica delle disposizioni dei titoli V e
VI.
2. Le relazioni
di cui al comma 1 sono trasmesse anche alle Commissioni parlamentari.
Art. 98
Norma finale
1. Restano in
vigore, in quanto non specificatamente modificate dal presente decreto, le
disposizioni vigenti in materia di prevenzione degli infortuni e igiene del
lavoro. (*)
Allegato I
Casi in cui è consentito lo svolgimento diretto da parte del
datore di lavoro dei compiti di prevenzione e protezione dai rischi (art. 10)
(*)
1. Aziende
artigiane e industriali (1) ................ fino a trenta addetti
2. Aziende
agricole e zootecniche ................ fino a dieci addetti (2)
3. Aziende
della pesca ................ fino a venti addetti
4. Altre
aziende (2) ................ fino a duecento addetti
_____________________________________________________________
(*) Allegato
così modificato dal D.Lgs. 19/03/96 n. 242.
(1) Escluse le
aziende industriali di cui all'articolo 1 del decreto del Presidente della
Repubblica 17 maggio 1988, n. 175 e successive modifiche, soggette all'obbligo
di dichiarazione o notifica ai sensi degli articoli 4 e 6 del decreto stesso, le
centrali termoelettriche, gli impianti ed i laboratori nucleari, le aziende
estrattive ed altre attività minerarie, le aziende per la fabbricazione ed il
deposito separato di esplosivi, polveri e munizioni, le strutture di ricovero e
cura sia pubbliche sia private.
(2) Addetti
assunti a tempo indeterminato.
Per il D.P.R.
n. 175/1988 vedi nota all'art. 4.
Allegato II
Prescrizioni di sicurezza e di salute per i luoghi di lavoro
1. Rilevazione
e lotta antincendio
A seconda delle
dimensioni e dell'uso degli edifici, delle attrezzature presenti, delle
caratteristiche fisiche e chimiche delle sostanze presenti, nonché del numero
massimo di persone che possono essere presenti, i luoghi di lavoro devono essere
dotati di dispositivi adeguati per combattere l'incendio, e se del caso, di
rilevatori di incendio e di sistemi di allarme.
I dispositivi
non automatici di lotta antincendio devono essere facilmente accessibili e
utilizzabili.
Essi devono
essere oggetto di una segnaletica conforme alla normativa vigente.
Questa
segnaletica deve essere apposta nei luoghi appropriati ed essere durevole.
2. Locali
adibiti al pronto soccorso
Qualora
l'importanza dei locali, il tipo di attività in essi svolta e la frequenza
degli infortuni lo richiedano, occorre prevedere uno o più locali adibiti al
pronto soccorso.
I locali
adibiti al pronto soccorso devono essere dotati di apparecchi e di materiale di
pronto soccorso indispensabile ed essere facilmente accessibili con barelle.
Essi devono
essere oggetto di una segnaletica conforme alla normativa vigente.
Il materiale di
pronto soccorso deve inoltre essere disponibile in tutti i luoghi in cui le
condizioni di lavoro lo richiedano.
Esso deve
essere oggetto di una segnaletica appropriata e deve essere facilmente
accessibile.
Allegato III
Schema indicativo per l'inventario dei rischi ai fini
dell'impiego di attrezzature di protezione individuale
Allegato IV
Elenco indicativo e non esauriente delle attrezzature di
protezione individuale
Dispositivi di
protezione della testa
Caschi di
protezione per l'industria (caschi per miniere, cantieri di lavori pubblici,
industrie varie).
Copricapo
leggero per proteggere il cuoio capelluto (berretti, cuffie, retine con o senza
visiera).
Copricapo di
protezione (cuffie, berretti, cappelli di tela cerata ecc., in tessuto, in
tessuto rivestito, ecc.).
Dispositivi di
protezione dell'udito
Palline e tappi
per le orecchie.
Caschi
(comprendenti l'apparato auricolare).
Cuscinetti
adattabili ai caschi di protezione per l'industria.
Cuffie con
attacco per ricezione a bassa frequenza.
Dispositivi di
protezione contro il rumore con apparecchiature di intercomunicazione.
Dispositivi di
protezione degli occhi e del viso
Occhiali a
stanghette.
Occhiali a
maschera.
Occhiali di
protezione, contro i raggi X, i raggi laser, le radiazioni ultraviolette,
infrarosse, visibili.
Schermi
facciali.
Maschera e
caschi per la saldatura ad arco (maschere a mano, a cuffia o adattabili a caschi
protettivi).
Dispositivi di
protezione delle vie respiratorie
Apparecchi
antipolvere, antigas e contro le polveri radioattive.
Apparecchi
isolanti a presa d'aria.
Apparecchi
respiratori con maschera per saldatura amovibile.
Apparecchi e
attrezzature per sommozzatori.
Scafandri per
sommozzatori.
Dispositivi di
protezione delle mani e delle braccia
- Guanti contro
le aggressioni meccaniche (perforazioni, tagli, vibrazioni, ecc.); contro le
aggressioni chimiche, per elettricisti e antitermici.
- Guanti a
sacco.
- Ditali.
- Manicotti.
- Fasce di
protezione dei polsi.
- Guanti a
mezze dita.
- Manopole.
Dispositivi di
protezione dei piedi e delle gambe (*)
Scarpe basse,
scarponi, tronchetti, stivali di sicurezza.
Scarpe a
slacciamento o sganciamento rapido.
Scarpe con
protezione supplementare della punta del piede;
Scarpe e
soprascarpe con suola anticalore;
Scarpe, stivali
e soprastivali di protezione contro il calore;
Scarpe, stivali
e soprastivali di protezione contro il freddo;
Scarpe, stivali
e soprastivali di protezione contro le vibrazioni;
Scarpe, stivali
e soprastivali di protezione antistatici;
Scarpe, stivali
e soprastivali di protezione isolanti;
Stivali di
protezione contro le catene delle trance meccaniche;
Zoccoli;
Ginocchiere;
Dispositivi di
protezione amovibili del collo del piede
Ghette;
Suole amovibili
(anticalore, antiperforazione o antitraspirazione);
Ramponi
amovibili per ghiaccio, neve, terreno sdrucciolevole.
Dispositivi di
protezione della pelle (**)
Creme
protettive/pomate.
Dispositivi di
protezione del tronco e dell'addome (**)
Giubbotti,
giacche e grembiuli di protezione contro le aggressioni meccaniche
(perforazioni, tagli, spruzzi di metallo fuso, ecc.);
Giubbotti,
giacche e grembiuli di protezione contro le aggressioni chimiche;
Giubbotti
termici;
Giubbotti di
salvataggio;
Grembiuli di
protezione contro i raggi x;
Cintura di
sicurezza del tronco.
Dispositivi
dell'intero corpo (**)
Attrezzature di
protezione contro le cadute;
Attrezzature
cosiddette anticaduta (attrezzature complete comprendenti tutti gli accessori
necessari al funzionamento);
Attrezzature
con freno "ad assorbimento di energia cinetica" (attrezzature complete
comprendenti tutti gli accessori necessari al funzionamento);
Dispositivo di
sostegno del corpo (imbracatura di sicurezza) (**)
Indumenti di
protezione
Indumenti di
lavoro cosiddetti "di sicurezza" (due pezzi e tute);
Indumenti di
protezione contro le aggressioni meccaniche (perforazioni, tagli, ecc.);
Indumenti di
protezione contro le aggressioni chimiche;
Indumenti di
protezione contro gli spruzzi di metallo fuso e di raggi infrarossi;
Indumenti di
protezione contro il calore;
Indumenti di
protezione contro il freddo;
Indumenti di
protezione contro la contaminazione radioattiva;
Indumenti
antipolvere
Indumenti
antigas;
Indumenti ed
accessori (bracciali e guanti, ecc.) fluorescenza di segnalazione,
catarifrangenti;
Coperture di
protezione.
_____________________________________________________________
(*) Modificato
dal D.Lgs. 19/03/96 n. 242.
(**) Aggiunto
dal D.Lgs. 19/03/96 n. 242.
Allegato IX
Elenco esemplificativo di attività lavorative che possono
comportare la presenza di agenti biologici
1. Attività in
industrie alimentari.
2. Attività
nell'agricoltura.
3. Attività
nelle quali vi è contatto con animali e/o con prodotti di origine animale.
4. Attività
nei servizi sanitari comprese le unità di isolamento e post mortem.
5. Attività
nei laboratori clinici, veterinari e diagnostici, esclusi i laboratori di
diagnosi microbiologica.
6. Attività in
impianti di smaltimento rifiuti e di raccolta di rifiuti speciali potenzialmente
infetti.
7. Attività
negli impianti per la depurazione delle acque di scarico.
Allegato V
Elenco indicativo e non esauriente delle attività e dei
settori di attività per i quali può rendersi necessario mettere a disposizione
attrezzature di protezione individuale
1. Protezione
del capo (protezione del cranio)
Elmetti di
protezione (*)
- Lavori edili,
soprattutto lavori sopra, sotto o in prossimità di impalcature e di posti di
lavoro sopraelevati, montaggio e smontaggio di armature, lavori di installazione
e di posa di ponteggi e operazioni di demolizione.
- Lavori su
ponti d'acciaio, su opere edili in strutture d'acciaio di grande altezza,
piloni, torri, costruzioni idrauliche in acciaio, altiforni, acciaierie e
laminatoi, grandi serbatoi, grandi condotte, caldaie e centrali elettriche.
- Lavori in
fossati, trincee, pozzi e gallerie di miniera.
- Lavori in
terra e in roccia.
- Lavori in
miniere sotterranee, miniere a cielo aperto e lavori di spostamento di ammassi
di sterile.
- Uso di
estrattori di bulloni.
- Brillatura
mine.
- Lavori in
ascensori e montacarichi, apparecchi di sollevamento, gru e nastri
trasportatori.
- Lavori nei
pressi di altiforni, in impianti di riduzione diretta, in acciaierie, in
laminatoi, in stabilimenti metallurgici, in impianti di fucinatura a maglio e a
stampo, nonché in fonderie.
- Lavori in
forni industriali, contenitori, apparecchi, silos, tramogge e condotte.
- Costruzioni
navali.
- Smistamento
ferroviario.
- Macelli.
2. Protezione
del piede
Scarpe di
sicurezza con suola imperforabile
- Lavori di
rustico, di genio civile e lavori stradali.
- Lavori su
impalcatura.
- Demolizioni
di rustici.
- Lavori in
calcestruzzo e in elementi prefabbricati con montaggio e smontaggio di armature.
- Lavori in
cantieri edili e in aree di deposito.
- Lavori su
tetti.
Scarpe di
sicurezza senza suola imperforabile
- Lavori su
ponti d'acciaio, opere edili in strutture di grande altezza, piloni, torri,
ascensori e montacarichi, costruzioni idrauliche in acciaio, altiforni,
acciaierie, laminatoi, grandi contenitori, grandi condotte, gru, caldaie e
impianti elettrici.
- Costruzioni
di forni, installazioni di impianti di riscaldamento e di aerazione, nonché
montaggio di costruzioni metalliche.
- Lavori di
trasformazione e di manutenzione.
- Lavori in
altiforni, impianti di riduzione diretta, acciaierie e laminatoi, stabilimenti
metallurgici, impianti di fucinatura a maglio e a stampo, impianti di pressatura
a caldo e di trafilatura.
- Lavori in
cave di pietra, miniere, a cielo aperto e rimozione di discarica.
- Lavorazione e
finitura di pietre.
- Produzione di
vetri piani e di vetri cavi, nonché lavorazione e finitura.
- Manipolazione
di stampi nell'industria della ceramica.
- Lavori di
rivestimenti in prossimità del forno nell'industria della ceramica.
- Lavori
nell'industria della ceramica pesante e nell'industria dei materiali da
costruzione.
-
Movimentazione e stoccaggio.
- Manipolazione
di blocchi di carni surgelate e di contenitori metallici di conserve.
- Costruzioni
navali.
- Smistamento
ferroviario.
Scarpe di
sicurezza con tacco o con suola continua
e con
intersuola imperforabile
- Lavori sui
tetti.
- Scarpe di
sicurezza con intersuola termoisolante.
- Attività su
e con masse molte fredde o ardenti.
Scarpe di
sicurezza a slacciamento rapido
- In caso di
rischio di penetrazione di masse incandescenti fuse.
3. Protezione
degli occhi o del volto
Occhiali di
protezione, visiere o maschere di protezione
- Lavori di
saldatura, molatura e tranciatura
- Lavori di
mortasatura e di scalpellatura
- Lavorazione e
finitura di pietre
- Uso di
estrattori di bulloni.
- Impiego di
macchine asportatrucioli durante la lavorazione di materiale che producono
trucioli corti.
- Fucinatura a
stampo.
- Rimozione e
frantumazione di schegge.
- Operazioni di
sabbiatura.
- Manipolazione
di prodotti acidi e alcalini, disinfettanti e detergenti corrosivi.
- Impiego di
pompe a getto liquido.
- Manipolazione
di masse incandescenti fuse o lavori in prossimità delle stesse.
- Lavori che
comportano esposizione al calore radiante.
- Impiego di
laser.
4. Protezione
delle vie respiratorie
Autorespiratori
- Lavori in
contenitori, in vani ristretti e in forni industriali riscaldati a gas, qualora
sussista il rischio di intossicazione da gas o di carenza di ossigeno.
- lavoro nella
zona di caricamento dell'altoforno.
- Lavori in
prossimità dei convertitori e delle condutture di gas di altoforno.
- Lavori in
prossimità della colata in siviera qualora sia prevedibile che se ne
sprigionino fumo di metalli pesanti.
- Lavori di
rivestimento di forni e di siviere qualora sia prevedibile la formazione di
polveri.
- Verniciatura
a spruzzo senza sufficiente aspirazione.
- Lavori in
pozzetti, canali e altri vani sotterranei nell'ambito della rete fognaria.
- Attività in
impianti frigoriferi che presentino un rischio di fuoriuscita del refrigerante.
5. Protezione
dell'udito
Otoprotettori
- Lavori nelle
vicinanze di presse per metalli.
- Lavori che
implicano l'uso di utensili pneumatici.
- Attività del
personale a terra negli aeroporti.
- Battitura di
pali e costipazione del terreno.
- Lavori nel
legname e nei tessili.
6. Protezione
del tronco, delle braccia e delle mani
Indumenti
protettivi
- Manipolazione
di prodotti acidi e alcalini, disinfettanti e detergenti corrosivi.
- Lavori che
comportano la manipolazione di masse calde o la loro vicinanza o comunque
un'esposizione al calore.
- Lavorazione
di vetri piani.
- Lavori di
sabbiatura.
- Lavori in
impianti frigoriferi.
Indumenti
protettivi difficilmente infiammabili
- Lavori di
saldatura in ambienti ristretti
Grembiuli
imperforabili
- Operazioni di
disossamento e di squartamento nei macelli.
- Lavori che
comportano l'uso di coltelli, nel caso in cui questi siano mossi in direzione
del corpo.
Grembiuli di
cuoio
- Saldatura
- Fucinatura
- Fonditura
Bracciali
- Operazioni di
disossamento e di squartamento nei macelli.
Guanti
- Saldatura.
- Manipolazione
di oggetti con spigoli vivi, esclusi i casi in cui sussista il rischio che il
guanto rimanga impigliato nelle macchine.
- Manipolazione
a cielo aperto di prodotti acidi e alcalini.
Guanti a maglia
metallica
- Operazione di
disossamento e di squartamento nei macelli.
- Attività
protratta di taglio con il coltello nei reparti di produzione e macellazione.
- Sostituzione
di coltelli nelle taglierine.
7. Indumenti di
protezione contro le intemperie
- Lavori edili
all'aperto con clima piovoso e freddo.
8. Indumenti
fosforescenti (*)
- Lavori in cui
è necessario percepire in tempo la presenza dei lavoratori.
9. Attrezzatura
di protezione anticaduta (imbracature
di sicurezza)
- Lavori su
impalcature.
- Montaggio di
elementi prefabbricati.
- Lavori su
piloni.
10. Attacco di
sicurezza con corda
- Posti di
lavoro in cabine sopraelevate di gru.
- Posti di
lavoro in cabine di manovra sopraelevate di transelevatori.
- Posti di
lavoro sopraelevati su torri di trivellazione.
- Lavori in
pozzi e in fogne.
11. Protezione
dell'epidermide
- Manipolazione
di emulsioni.
- Concia di
pellami.
_____________________________________________________________
(*) Correzioni
apportate dal D.Lgs. 19/03/96 n. 242.
Allegato VI
Elementi di riferimento
1.
Caratteristiche del carico
La
movimentazione manuale di un carico può costituire un rischio tra l'altro
dorso-lombare nei casi seguenti:
- il carico è
troppo pesante (kg. 30);
- è
ingombrante o difficile da afferrare;
- è in
equilibrio instabile o il suo contenuto rischia di spostarsi;
- è collocato
in una posizione tale per cui deve essere tenuto o maneggiato ad una certa
distanza dal tronco o con una torsione o inclinazione del tronco;
- può, a
motivo della struttura esterna e/o della consistenza, comportare lesioni per il
lavoratore, in particolari in caso di urto.
2. Sforzo
fisico richiesto
Lo sforzo
fisico richiesto può presentare un rischio tra l'altro dorso-lombare nei
seguenti casi:
- è eccessivo;
- può essere
effettuato soltanto con un movimento di torsione del tronco;
- può
comportare un movimento brusco del carico;
- è compiuto
con il corpo in posizione instabile.
3.
Caratteristiche dell'ambiente di lavoro
Le
caratteristiche dell'ambiente di lavoro possono aumentare le possibilità di
rischio tra l'altro dorso-lombare nei seguenti casi:
- lo spazio
libero, in particolare verticale, è insufficiente per lo svolgimento
dell'attività richiesta;
- il pavimento
è ineguale, quindi presenta rischi di inciampo o di scivolamento per le scarpe
calzate dal lavoratore;
- il posto o
l'ambiente di lavoro non consentono al lavoratore la movimentazione manuale di
carichi a un'altezza di sicurezza o in buona posizione;
- il pavimento
o il piano di lavoro presenta dislivelli che implicano la manipolazione del
carico a livelli diversi;
- il pavimento
o il punto di appoggio sono instabili;
- la
temperatura, l'umidità o la circolazione dell'aria sono inadeguate.
4. Esigenze
connesse all'attività
L'attività può
comportare un rischio tra l'altro dorso-lombare se comporta una o più delle
seguenti esigenze:
- sforzi fisici
che sollecitano in particolare la colonna vertebrale, troppo frequenti o troppo
prolungati;
- periodo di
riposo fisiologico o di recupero insufficiente;
- distanze
troppo grandi di sollevamento, di abbassamento o di trasporto;
- un ritmo
imposto da un processo che non può essere modulato dal lavoratore.
Fattori
individuali di rischio
Il lavoratore
può correre un rischio nei seguenti casi:
- inidoneità
fisica a svolgere il compito in questione;
- indumenti,
calzature o altri effetti personali inadeguati portati dal lavoratore;
- insufficienza
o inadeguatezza delle conoscenze o della formazione.
Allegato VII
Prescrizioni minime
Osservazione
preliminare
Gli obblighi
previsti dal presente allegato si applicano al fine di realizzare gli obiettivi
del titolo VI e qualora gli elementi esistano sul posto di lavoro e non
contrastino con le esigenze o caratteristiche intrinseche della mansione.
1. Attrezzature
a) Osservazione
generale
L'utilizzazione
in sé dell'attrezzatura non deve essere fonte di rischio per i lavoratori.
b) Schermo
I caratteri
sullo schermo devono avere una buona definizione e una forma chiara, una
grandezza sufficiente e vi deve essere uno spazio adeguato tra i caratteri e le
linee.
L'immagine
sullo schermo deve essere stabile; esente da sfarfallamento o da altre forme di
instabilità.
La brillanza
e/o il contrasto tra i caratteri e lo sfondo dello schermo devono essere
facilmente regolabili da parte dell'utilizzatore del videoterminale e facilmente
adattabili alle condizioni ambientali.
Lo schermo deve
essere orientabile e inclinabile liberamente e facilmente per adeguarsi alle
esigenze dell'utilizzatore.
E' possibile
utilizzare un sostegno separato per lo schermo o un piano regolabile.
Lo schermo non
deve aver riflessi e riverberi che possano causare molestia all'utilizzatore.
c) Tastiera
La tastiera
dev'essere inclinabile e dissociata dallo schermo per consentire al lavoratore
di assumere una posizione confortevole e tale da non provocare l'affaticamento
delle braccia o delle mani.
Lo spazio
davanti alla tastiera dev'essere sufficiente onde consentire un appoggio per le
mani e le braccia dell'utilizzatore.
La tastiera
deve avere una superficie opaca onde evitare i riflessi.
La disposizione
della tastiera e le caratteristiche dei tasti devono tendere ad agevolare l'uso
della tastiera stessa.
I simboli dei
tasti devono presentare sufficiente contrasto ed essere leggibili dalla normale
posizione di lavoro.
d) Piano di
lavoro
Il piano di
lavoro deve avere una superficie poco riflettente, essere di dimensioni
sufficienti e permettere una disposizione flessibile dello schermo, della
tastiera, dei documenti e del materiale accessorio.
Il supporto per
i documenti deve essere stabile e regolabile e deve esser collocato in modo tale
da ridurre al massimo i movimenti fastidiosi della testa e degli occhi.
E' necessario
uno spazio sufficiente che permetta ai lavoratori una posizione comoda.
e) Sedile di
lavoro
Il sedile di
lavoro dev'essere stabile, permettere all'utilizzatore una certa libertà di
movimento e una posizione comoda.
I sedili
debbono aver altezza regolabile.
Il loro
schienale deve essere regolabile in altezza e in inclinazione.
Un poggiapiedi
sarà messo a disposizione di coloro che lo desiderino.
2. Ambiente (*)
a) Spazio
Il posto di
lavoro deve essere ben dimensionato e allestito in modo che vi sia spazio
sufficiente per permettere cambiamenti di posizione e di movimenti operativi.
b)
Illuminazione
L'illuminazione
generale ovvero l'illuminazione specifica (lampade di lavoro) devono garantire
un'illuminazione sufficiente ed un contrasto appropriato tra lo schermo e
l'ambiente, tenuto conto delle caratteristiche del lavoro e delle esigenze
visive dell'utilizzatore.
Fastidiosi
abbagliamenti e riflessi sullo schermo o su altre attrezzature devono essere
evitati strutturando l'arredamento del locale e del posto di lavoro in funzione
dell'ubicazione delle fonti di luce artificiale e delle loro caratteristiche
tecniche
c) Riflessi e
abbagliamenti
I posti di
lavoro devono essere sistemati in modo che le fonti luminose quali le finestre e
le altre aperture, le pareti trasparenti o traslucide, nonché le attrezzature e
le pareti di colore chiaro non producano riflessi sullo schermo.
Le finestre
devono essere munite di un opportuno dispositivo di copertura regolabile per
attenuare la luce diurna che illumina il posto di lavoro.
d) Rumore
Il rumore
emesso dalle attrezzature appartenenti al/ai posto/i di lavoro deve essere preso
in considerazione al momento della sistemazione del posto di lavoro, in
particolare al fine di non perturbare l'attenzione e la comunicazione verbale.
e) Calore
Le attrezzature
appartenenti al/ai posto/i di lavoro non devono produrre un eccesso di calore
che possa essere fonte di disturbo per i lavoratori.
f) Radiazioni
Tutte le
radiazioni, eccezion fatta per la parte visibile dello spettro elettromagnetico,
devono essere ridotte a livelli trascurabili dal punto di vista della tutela
della sicurezza e della salute dei lavoratori.
g) Umidità
Si deve fare in
modo di ottenere e mantenere un'umidità soddisfacente.
3. Interfaccia
elaboratore/uomo (*)
All'atto
dell'elaborazione, della scelta, dell'acquisto del software, o allorché questo
viene modificato, come anche nel definire le mansioni che implicano
l'utilizzazione di unità videoterminali, il datore di lavoro terrà conto dei
seguenti fattori:
a) il software
deve essere adeguato alla mansione da svolgere;
b) il software
deve essere di facile uso e, se del caso, adattabile a livello di conoscenza e
di esperienza dell'utilizzatore; nessun dispositivo o controllo quantitativo o
qualitativo può essere utilizzato all'insaputa dei lavoratori;
c) i sistemi
debbono fornire ai lavoratori delle indicazioni sul loro svolgimento;
d) i sistemi
devono fornire l'informazione di un formato e ad un ritmo adeguato agli
operatori;
e) i principi
dell'ergonomia devono essere applicati in particolare all'elaborazione
dell'informazione da parte dell'uomo.
_____________________________________________________________
(*) Aggiunto
dal D.Lgs. 19/03/96 n. 242.
Allegato VIII
Elenco di sistemi, preparati e procedimenti
1. Produzione
di auramina col metodo Michler.
2. Lavori che
espongono agli idrocarburi policiclici aromatici presenti nella fuliggine, nel
catrame, nella pece, nel fumo o nelle polveri di carbone.
3. Lavori che
espongono alle polveri, fumi e nebbie prodotti durante il raffinamento del
nichel a temperature elevate.
4. Processo
agli acidi forti nella fabbricazione di alcool isopropilico.
Allegato X
Segnale di rischio biologico
Allegato XI
Elenco degli agenti biologici classificati
1. Sono inclusi
nella classificazione unicamente gli agenti di cui è noto che possono provocare
malattie infettive in soggetti umani.
I rischi
tossico ovvero allergenico eventualmente presenti sono indicati a fianco di
ciascun agente in apposita colonna.
Non sono stati
presi in considerazione gli agenti patogeni di animali e piante di cui è noto
che non hanno effetto sull'uomo.
In sede di
compilazione di questo primo elenco di agenti biologici classificati non si è
tenuto conto dei microorganismi geneticamente modificati.
2. La
classificazione degli agenti biologici si basa sull'effetto esercitato dagli
stessi su lavoratori sani.
Essa non tiene
conto dei particolari effetti sui lavoratori la cui sensibilità potrebbe essere
modificata da altre cause quali malattia preesistente, uso di medicinali,
immunità compromessa, stato di gravidanza o allattamento, fattori dei quali è
tenuto conto nella sorveglianza sanitaria di cui all'art. 95.
3. Gli agenti
biologici che non sono stati inclusi nei gruppi 2, 3, 4 dell'elenco non sono
implicitamente inseriti nel gruppo 1.
Per gli agenti
di cui è nota per numerose specie la patogenicità per l'uomo l'elenco
comprende le specie più frequentemente implicate nelle malattie, mentre un
riferimento di carattere più generale indica che altre specie appartenenti allo
stesso genere possono avere effetti sulla salute dell'uomo.
Quando un
intero genere è menzionato nell'elenco degli agenti biologici, è implicito che
i ceppi e le specie definiti non patogeni sono esclusi dalla classificazione.
4. Quando un
ceppo è attenuato o ha perso geni notoriamente virulenti, il contenimento
richiesto dalla classificazione del ceppo parentale non è necessariamente
applicato a meno che la valutazione del rischio da esso rappresentato sul luogo
di lavoro non lo richieda.
5. Tutti i
virus che sono già stati isolati nell'uomo e che ancora non figurano nel
presente allegato devono essere considerati come appartenenti almeno al gruppo
due a meno che sia provato che non possono provocare malattie nell'uomo.
6. Taluni
agenti classificati nel gruppo tre e indicati con asterisco (*) o con doppio
asterisco (**) nell'elenco allegato possono comportare un rischio di infezione
limitato perché normalmente non sono veicolati dall'aria. Nel caso di
particolari attività comportanti l'utilizzazione dei suddetti agenti, in
relazione al tipo di operazione effettuata e dei quantitativi impiegati può
risultare sufficiente, per attuare le misure di cui ai punti 2 e 13
dell'allegato XII e ai punti 2, 3 e 5 dell'allegato XIII, assicurare i livelli
di contenimento ivi previsti per gli agenti del gruppo 2.
7. Le misure di
contenimento che derivano dalla classificazione dei parassiti si applicano
unicamente agli stadi del ciclo del parassita che possono essere infettivi per
l'uomo.
8. L'elenco
contiene indicazioni che individuano gli agenti biologici che possono provocare
reazioni allergiche o tossiche, quelli per i quali è disponibile un vaccino
efficace e quelli per i quali è opportuno conservare per almeno dieci anni
l'elenco dei lavoratori che hanno operato in attività con rischio di
esposizione a tali agenti.
Tali
indicazioni sono:
A: possibili
effetti allergici
D: l'elenco dei
lavoratori che hanno operato con detti agenti deve essere conservato per almeno
dieci anni dalla cessazione dell'ultima attività comportante rischio di
esposizione.
T: produzione
di tossine
V: vaccino
efficace disponibile
BATTERI
e organismi simili
N.B. - Per gli
agenti che figurano nel presente elenco la menzione spp si riferisce alle altre
specie riconosciute patogene per l'uomo
Agente
biologico Classificazione Rilievi
_________________________________________________________________________________________
Actinobacillus
actinomycetemcomitans
2 Actinomadura madurae 2
Actinomadura
pelletieri 2
Actinomyces
gereneseriae 2
Actinomyces isreaelii 2
Actinomyces pyogenes 2
Actinomyces spp 2
Arcanobacterium haemolyticum
(Corynebacterium haemolyticum) 2
Bacillus anthracis 3
Bacteroides fragilis 2
Bartonella bacilliformis 2
Bordetella
bronchiseptica 2
Bordetella
parapertussis 2
Bordetella
pertussis 2 V
Borrelia
burgdorferi 2
Borrelia
duttonii 2
Borrelia
recurrentis 2
Borrelia spp 2
Brucella
abortus 3
Brucella canis
3
Brucella
melitensis 3
Brucella suis 3
omissis
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