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SOTTOTETTO CONDOMINIALE
Il
sottotetto di un edificio in condominio, non essendo incluso tra le parti comuni
indicate nell'art. 1117 c.c., non costituisce - in difetto di elementi contrari
desumibili dal titolo - oggetto di comunione e, poiché esso. di regola, assolve
una funzione isolante e protettiva (dal caldo e dal freddo) del piano più
elevato, di questo costituisce normalmente una pertinenza. qualora non ne sia
dimostrata una destinazione diversa.
* Cass. civ., 23 maggio 1991, n. 5854.
Il
sottotetto di un edificio può considerarsi pertinenza dell'appartamento sito
all'ultimo piano solo quando assolva alla esclusiva funzione di isolare e
proteggere l'appartamento stesso dal caldo, dal freddo e dall'umidità mediante
la creazione di una camera d'aria, non anche quando abbia dimensioni e
caratteristiche strutturali tali da consentirne l'utilizzazione come vano
autonomo (deposito, stenditoio, ecc.): in questa ultima ipotesi l'appartenenza
deve essere determinata in base al titolo, ed in mancanza, poiché il sottotetto
non è compreso nel novero delle parti comuni dell'edificio essenziali per la
sua esistenza (quali il tetto, il muro maestro, il suolo ecc.) o necessarie
all'uso comune, la presunzione di comunione ex art. 1117 n. 1 cod. civ. si rende
applicabile solo quando il sottotetto risulti oggettivamente destinato. anche
soltanto in via potenziale, all'uso comune o all'esercizio di un uso comune.
* Cass. civ., sez. II. 18 ottobre 1988, n. 5668, Scarpi c. Giuliani. Nello
stesso senso, v. Cass. civ., 29 ottobre 1992, n. 11771.
Il
"sottotetto" di edificio condominiale. sia che assolva esclusivamente
una funzione isolante a protezione dell'ultimo piano, costituendo pertinenza e,
quindi, parte integrante dello stesso, sia che assolva anche altre funzioni
ovvero abbia dimensioni e caratteristiche tali da consentire l'utilizzazione
come vano autonomo - la cui appartenenza va determinata solo in base ad un
titolo - può considerarsi di proprietà comune se, per caratteristiche
strutturali e funzionali, risulti, sia pure in via potenziale, oggettivamente
destinato all'uso comune o all'esercizio di un servizio di interesse comune.
* Cass. civ., sez. II, 18 marzo 1987, n. 2722, Catalani c. Cond. V. Malakoff.
L'ambiente
ricavato sotto il tetto dell'edificio in condominio, in modo da formare una
camera d'aria limitata, in alto, dalla struttura del tetto ed, in basso, dal
solaio che copre i vani dell'ultimo piano (cosiddetto sottotetto), assolve, di
regola, ad una funzione isolante e protettiva di questi vani e, quando non
risulti una diversa destinazione o non sia diversamente disposto dal titolo, non
è, quindi, oggetto di comunione ma costituisce pertinenza dell'appartamento
dell'ultimo piano.
* Cass. civ., sez. Il, 15 giugno 1993, n. 6640. Giussani c. Albanese e altra.
Il
sottotetto di un edificio, quando assolve l'esclusiva funzione di isolare i vani
dell'alloggio ad esso sottostanti si pone in rapporto di dipendenza con i vani
stessi cui serve da protezione e non può essere, pertanto, da questi ultimi
separato senza che si verifichi l'alterazione del rapporto di complementarietà
dell'insieme. Conseguentemente, non essendo in tale ipotesi il sottotetto idoneo
a essere utilizzato separatamente dall'alloggio sottostante cui accede, non è
configurabile il possesso ad usucapionem dello stesso da parte del proprietario
di altra unità immobiliare.
* Cass. civ., sez. Il, 8 agosto 1986, n. 4970, Colarossi c. Corsetti.
Il
criterio giurisprudenziale, secondo cui il sottotetto di un edificio in
condominio appartiene di regola al proprietario dell'ultimo piano, è
applicabile nei casi in cui il contrario non risulti dal titolo.
* Cass. civ., 13 ottobre 1971, n. 2886.
I
sottotetti, le soffitte, le cantine, i solai vuoti e gli analoghi spazi non
praticabili destinati ad isolare il corpo di fabbrica dalla sua copertura
costituiscono una pertinenza dell'intero edificio condominiale (o del suo ultimo
livello) ove appartengano in via esclusiva al proprietario di questo e non danno
luogo a loro volta ad un piano a sé stante, essendo destinati ad una funzione
accessoria, quali depositi, stenditoi e camere d'aria a protezione degli alloggi
sottostanti dal caldo, dal freddo e dall'umidità. La ristrutturazione di locali
del genere non comporta sopraelevazione, ai sensi dell'art. 1127 c.c., nei soli
casi di modificazioni soltanto interne, contenute negli originari limiti
dell'edificio senza alcun aumento della sua altezza.
* Cass. civ., sez. II, 10 giugno 1997, n. 5164, Canu Salvatore c. Canu
Francesca.
Il
sottotetto di un edificio condominiale può essere ritenuto pertinenza
dell'appartamento sito all'ultimo piano soltanto se assolve, mediante la
creazione di una camera d'aria, all'esclusiva funzione di isolamento e di
protezione dell'appartamento stesso dal caldo, dal freddo o dall'umidità e non
anche nella diversa ipotesi che esso abbia dimensioni e caratteristiche
strutturali tali da permettere l'utilizzazione come vano autonomo. In
quest'ultima ipotesi, l'appartenenza deve essere stabilita in forza di idoneo
titolo e, in mancanza di questo, sulla base della presunzione di comunione di
cui all'art. 1117 c.c., pur non comprendendo questa norma esplicitamente il
sottotetto nell'elencazione delle cose comuni dell'edificio, allorquando esso
risulti oggettivamente destinato, anche soltanto in via potenziale, all'uso
comune.
* Cass. civ., sez. II, 9 ottobre 1997, n. 9788, Casalgrandi c. Bellei, in
Arch. loc. e cond. 1997, 973.
Il
sottotetto di un edificio, non compreso tra le parti comuni indicate dall'art.
1117 c.c., costituisce una pertinenza dell'appartamento sito all'ultimo piano
quando assolva alla funzione esclusiva di isolarlo e proteggerlo dal caldo, dal
freddo e dall'umidità, formando una camera d'aria a sua difesa. Esso, tuttavia,
realizza una funzione diversa dalla mera camera d'aria quando sia destinato
all'uso comune di tutti i condomini, come nel caso in cui sia dotato di una
comunicazione diretta con il vano scale comune e di un lucernario per l'accesso
al tetto comune; destinazione che costituisce il fatto noto ex art. 2727 c.c.
posto dalla legge a base della presunzione di comunione ex art. 1117 c.c.
* Cass. civ., sez. II, 15 maggio 1996, n. 4509, Ferigo c. Mengoli.
I
sottotetti di un edificio in condominio, non essendo inclusi tra le "parti
comuni" specialmente contemplate dall'art. 1117 c.c., non costituiscono
sempre ed incondizionatamente oggetto di comunione, ancorché manchi un titolo
che disponga ex professo altrimenti: invero, per ritenerli comuni è altresì
necessario - in aderenza al criterio generale enunciato nella parte finale del
n. 1 della detta norma, e ribadito anche nei numeri successivi - che, per le
loro peculiari caratteristiche strutturali e funzionali, essi risultino
oggettivamente destinati, sia pure in via potenziale, all 'uso comune o ad un
servizio d'interesse comune, o comunque annessi alle parti comuni, sì da
costituire elementi integranti di esse.
* Cass. civ., 22 giugno 1961, n. 1493.
Mentre
il tetto, ove non risulti il contrario dal titolo, si presume comune a tutti i
condomini dell'edificio, il sottotetto, di regola, cioè ove il contrario non
risulti dal titolo ed ove non sia dimostrata, per le sue caratteristiche
strutturali e funzionali, la sua destinazione ad un servizio comune o la sua
annessione alle parti comuni, sì da costituire elemento integrante di esse,
appartiene al proprietario dell'ultimo piano del quale è una pertinenza in
quanto assolve, rispetto ad esso, una funzione isolante e protettiva. Se invece
il sottotetto assolve esclusivamente alla funzione di copertura dell'edificio,
rientra nella nozione di tetto e, quindi, nella presunzione di comunione di cui
all' art. 1117 c.c..
* Trib. civ. Avellino, 5 giugno 1995, n. 420, Andrita c. Siniscalchi, in
Arch. loc. e cond. 1995, 866.
Poiché
il sottotetto non è incluso tra le parti comuni indicate dall'art. 1117 c.c.,
al fine di stabilire se esso sia di proprietà esclusiva o comune è necessario
tenere conto di quanto è stabilito dal titolo di acquisto; in difetto di una
clausola espressa, si deve fare riferimento alla destinazione funzionale ed
obiettiva del sottotetto nel singolo edificio.
* Trib. civ. Milano, 28 maggio 1992, in Arch. loc. e cond. 1992, 810.
Il
concetto di struttura organica di un edificio comprende sia la conformazione
esterna che quella interna dello stesso. Rientra pertanto nel divieto di
apportare qualunque variante alla struttura organica dell'edificio la
limitazione posta ai singoli condomini di non realizzare modifiche nell'interno
della proprietà esclusiva, mutando la destinazione dei locali posti nel
sottotetto.
* Corte app. civ. Milano, sez. II, 19 settembre 1995, n. 2597, Piazza e.
Condominio di via Palazzi n.6 in Milano e Arosio, in Arch. loc. e cond. 1996,
71.
Poiché
la presunzione legale di comunione di alcune parti dell'edificio condominiale,
stabilita dall'art. 1117 cod. civ. si fonda sulla destinazione all'uso e al
godimento comune, risultante da elementi obiettivi, cioè dall'attitudine
funzionale della parte di cui trattasi al servizio o al godimento collettivo,
deve ritenersi che al sottotetto il quale, per sue obiettive caratteristiche
strutturali, serve in modo esclusivo al godimento di un'unità immobiliare
oggetto di un singolo diritto di proprietà, non si estende la presunzione
legale di cui al citato art. 1117 cod. civ., in quanto la destinazione legale
vince la presunzione legale di comunione.
* Corte app. civ. Milano, sez. IV, 9 gennaio 1980, n. 613, Condominio di Via
Farneti 10, Milano c. Bonomi, in Arch. loc. e cond. 1980, 377.
È
da ritenere illegittima l'effettuazione nel sottotetto, senza alcuna
autorizzazione del condominio e delle competenti autorità, di lavori che
comportino la modifica del solaio (con lesione del vaso di espansione) nonché
di parti comuni dello stabile (con lesione della servitù di accesso per
l'ispezione del tetto e danno estetico).
* Corte app. civ. Milano, sez. I, 25 settembre 1992, n. 1561, De Vilas c.
Cond. di Via Ingegnoli n. 18 di Milano, in Arch. loc. e cond. 1993, 541.
Il
sottotetto, pur non costituendo una parte comune c.d. necessaria dell'edificio
condominiale, deve essere considerato di proprietà comune quando sia
strutturalmente destinato, anche potenzialmente, ad un servizio o ad un uso
comune.
* Trib. civ. Milano, 23 aprile 1990.