Geometra Giuseppe Caterini

Vice Presidente della Cassa Geometri

Signore, Signori, Colleghi,

Torno sempre con piacere, con grande piacere, in Sicilia, la sorella gemellata della mia terra, la Calabria. E venendo faccio sempre un’esperienza nuova, cercando di annusare gli odori, di gustare i sapori per richiamare alla memoria quanta affinità c’è tra le nostre due regioni.

Ormai le nostre due terre sorelle han fatto le nozze d’oro di un gemellaggio di categoria che è nato 35 anni fa e a cui io ho partecipato almeno negli ultimi 30, mantenendo sempre uno spirito di collegamento fortissimo, ormai saldamente radicato.

E la mia presenza quì, assieme al collega Perrone, segretario del Collegio di Cosenza, in rappresentanza - mi preme sottolinearlo - del Comitato Regionale dei Geometri di Calabria, è per rendere omaggio ai Colleghi che oggi si apprestano a ricevere questo sudato e meritato riconoscimento.

25 e 35 anni nella professione di Geometra sono molto più lunghi che per le altre professioni, perché la nostra è più usurante delle altre. Un pò in tutta la nostra realtà italiana, ma in particolare nel nostro sud, le asperità della terra, le difficoltà economiche, i disagi, anche di reciproca comprensione e di solidarietà; perché poi i liberi professionisti - facciamola pure un’autocritica - spesso sono degli spiriti liberi, ma anche dei battitori liberi, per cui i contrasti, la concorrenza ancor più nei piccoli comuni, si sentono e pesano fortemente. Le tensioni si fanno dure, si fanno aspre, anche perché difendere l’orticello è molto più difficile quando l’economia è povera, almeno parlo per esperienza diretta, non solo come professionista ma anche come rappresentante di categoria della mia regione.

Allora onore al merito a questi colleghi che oggi vi apprestate a premiare. Chiedevo a Toto Graceffo, il vostro Presidente, da quanto tempo non si tenesse una cerimonia del genere e lui mi diceva da 11 anni: ecco perché la presenza di tanti colleghi che hanno fatto le nozze d’oro e d’argento con la professione.

Oggi, dall’intervento del Presidente Savoldi ho anche appreso perché il mio amico ogni tanto, oltre che a farmi diventare "fumatore passivo", mi guarda con sospetto. Scherzo, ovviamente. È perché anch’io ho fatto gli "anta" della professione, perciò possibile pensionato di anzianità che farebbe sborsare quattrini alla Cassa, epperò spero di fare ancora per qualche anno il mio lavoro con la mia testa e le mie gambe, continuando a dare - anziché riceverlo - il mio contributo alla Cassa, soprattutto in questi momenti difficili per tutta la previdenza, come già il Presidente ha detto.

Questo argomento l’ho già affrontato qualche mese fa, più o meno con lo stesso uditorio, perciò passo ad altro.

Per avere una categoria in buona salute occorre che ci sia la partecipazione di tutti e vedo che qui la partecipazione è ampia: bravo Totò Graceffo, non credo che tu abbia bisogno che te lo dica io, comunque bravo Presidente e bravo tutto il Consiglio del Collegio che ha saputo rendere vivace e palpitante questa realtà agrigentina, che negli anni passati io ho conosciuto in modi diversi da quello attuale.

Credo che questa è l’impostazione che comunque dovranno dare tutti gli ordini professionali. I Collegi, gli Ordini, non devono essere più fonti di privilegi, ma fonti di servizi e questo di oggi è uno dei segnali. È necessario rendere partecipi tutti i colleghi della vita professionale, dibattere, dibattere anche vivacemente, per poi scegliere tutti insieme la strada del rinnovamento e, nel caso nostro dei Geometri, io credo, della rifondazione.

Nel merito, ritengo che dovremo rivedere le nostre posizioni e le nostre posizioni sulle competenze. Se non lo faremo noi lo faranno altri per noi, perché dovremo non solo adeguarci all’Europa ma essere partecipi di questo contesto rinnovato della società. Diceva l’Assessore prima: una volta gli ingegneri erano pochi; ora - io dico - sono troppi, sono troppi e spesso sanno meno di una volta. In un mercato molto povero, con una committenza chiusa e ridotta, finiscono per rubare a noi il mestiere, occupandosi di catasto e di estimo e, purtroppo, non sempre con molta abilità, ma perché, peraltro, queste materie non fanno parte del loro bagaglio professionale.

Di questa realtà noi dobbiamo tener conto nell’attuale scenario più complesso, che già si affaccia prepotente alle nostre frontiere, perciò il nostro ruolo va ripensato e rivisitato, ricordando che la nostra tradizionale attività, che discende dai mensores, è principalmente quella della misurazione della terra e più in generale di tecnico del territorio.

Per rispondere alle nuove esigenze tecniche e tecnologiche della società nella quale operiamo, si rende necessario elevare anche la nostra preparazione; si avverte la necessità di una laurea. Ci credo fermamente, lo vado dicendo da anni: e nessun altro succedaneo, a mio avviso, può essere utile alla categoria. O la categoria si convince di ciò e porta avanti unitariamente questo discorso, mediando anche le posizioni, oppure noi ci ritroveremo a subire le norme che altri faranno e imporranno a noi. Cosa significa? Lo dico chiaramente: rivisitare il settore dell’edilizia. Dovremo riconvertire la professione principalmente in altri ambiti - e ci sono nell’ambiente, ci sono nella funzione che ora ha assunto l’estimo, il catasto, la topografia, la geodesia - perché il contrasto con le altre categorie tecniche è forte. Le nostre leggi, le nostre norme, così come le vorremmo, ritengo che non passeranno o anche se dovessero passare, questo è il mio personale pensiero, passeranno per gli attuali professionisti, ma non già per i giovani geometri.

E siccome, come bene hanno detto il Presidente Graceffo e il Presidente Savoldi, il futuro della categoria, come il futuro della vita, è in mano ai giovani, con tutto il rispetto per gli anziani, sono i colleghi che fanno a tempo pieno la professione (in particolare quelli che hanno compiuto i 25 anni e che si apprestano a farne altrettanti) ossia il nerbo della categoria, sono questi che debbono comprendere che è necessaria l’apertura ai giovani dei loro studi, che sono quelli più attivi, proprio perché c’è l’esperienza ma c’è anche la capacità d’aprirsi verso il mondo giovanile, verso questa società che cambia; questo è un dovere collettivo.

Allora spetta a noi impegnarci per fare in modo che il futuro dei giovani che si appresteranno a fare questa scelta professionale sia tranquillo e sereno: e per la sicurezza del lavoro e quindi, dopo, per la meritata pensione. Dovremo presentarci uniti con un pacchetto ben definito, ma che sia anche aperto alle esigenze della società. Dovremo trovare tutti insieme, di qui a breve, senza blindature, senza ingessature, il modo per far sentire la presenza forte che c’è sul territorio della nostra categoria, farla sentire ai legislatori e alle istituzioni; agli enti regionali, provinciali, comunali che apprezzano tutte il nostro operato, ma si trovano le mani legate dai titoli di studio - ancorché ormai superati - e dalle corporazioni degli altri tecnici che impongono a suon di sentenze e a suon di circolari e disposizioni le loro esigenze. A questi ultimi diciamo che bisogna vedere in modo diverso, perché i loro iscritti stanno aumentando a dismisura mentre il lavoro si comprime. E non è che comprimendo le competenze altrui o creando spazi in altrui campi che risolvono i loro problemi. Per noi, comunque, è necessaria quell’apertura mentale per fare i dirigenti di categoria, imponendo modelli nuovi che come ogni innovazione partano da posizioni minoritarie che vanno fatte comprendere a tutti, perché non è più il tempo degli orticelli - finora un po' da tutti coltivati - che hanno reso molto bene nel passato, ma che sono inevitabilmente destinati da qui a qualche quinquennio a finire.

Questa è la mia raccomandazione con l’augurio ai colleghi premiandi che abbiano tanti altri lunghi anni di vita e di serenità con le loro famiglie e con un lavoro dignitoso, vedendo crescere la professione - che è stata ed è loro - anche nelle giovani generazioni, con tanti virgulti da coltivare per assicurarsi un futuro, perché la professione la professione del geometra, che nasce con gli egizi e si è poi nei secoli consolidata conservando sempre la stima e la considerazione soprattutto della società, ancor prima delle istituzioni, possa continuare a vivere e a mantenere alto il vessillo della preparazione della professionalità della capacità che per tanti secoli l’ha vista coprotagonista nel mondo della tecnica.